Giocando a nascondino con la foca monaca del Mediterraneo

Foto di wikimedia:Atsoukali (CC BY-SA 4.0)

I ricercatori di Milano-Bicocca hanno ridisegnato la mappa della distribuzione della foca monaca nel Mediterraneo utilizzando una tecnica basata sul DNA. Il prezioso lavoro dei ricercatori dell’ateneo lombardo ha permesso di individuare sei punti nevralgici per la presenza della foca monaca: Alto Adriatico tra Istria e la laguna di Venezia, Salento-Golfo di Taranto, le isole minori siciliane, Sardegna orientale-Canyon di Caprera, Arcipelago Toscano e l’arcipelago delle Baleari.

A rivelare la scoperta è l’articolo “Playing hide and seek with the Mediterranean monk seal”, traducibile in “Giocando a nascondino con la foca monaca del Mediterraneo” e pubblicato sulla rivista Scientific Reports. L’articolo raccoglie i dati della vasta campagna di monitoraggio effettuata lungo le coste italiane e nei tratti di mari limitrofi tra il 2020 e 2021 per tracciare la presenza della foca monaca del Mediterraneo (Monachus monachus), una delle specie più rare al mondo.

La campagna di studi, condotta in collaborazione con il Gruppo Foca Monaca APS, è stata realizzata anche grazie al coinvolgimento di diversi programmi di citizen science facenti capo a nove tra associazioni ed enti di ricerca (Centro Ricerca Cetacei, Circolo Nautico Rimini, Filicudi Wildlife Conservation, Fondazione Cetacea, IMEDEA (CSIC-UIB), One Ocean Foundation, Progetto Mediterranea, Progetto Manaia e Sailing for Blue Life). Il loro sforzo è stato fondamentale per raccogliere i campioni, consentendo la raccolta simultanea in distretti marini differenti: una strategia che ha consentito di delineare meglio la mappa di presenza o assenza del pinnipede e conoscere meglio le abitudini una delle specie di pinnipedi più minacciate al mondo e l’unica endemica del Mar Mediterraneo.

“È importante che questi monitoraggi siano svolti in modo omogeneo e scientificamente certificato – hanno dichiarato i team leader della ricerca, Elena Valsecchi e Emanuele Coppola – Solo così potremo avere dati confrontabili che consentiranno di seguire nei prossimi anni il tanto sperato ritorno della specie nel Mediterraneo centrale. Un lieto evento atteso non solo dal nostro Paese, ma anche da Francia, Spagna, Marocco e Tunisia”.