Calcio dilettanti – Dal superamento “graduale” al contratto di 5 anni: le proposte post-vincolo

Carlo Tavecchio
Carlo Tavecchio

MILANO La paventata eliminazione del vincolo sportivo per le società dilettantistiche (per ora datata 30 giugno 2023, ma non sono da escludere nemmeno rinvii di almeno un anno) ha ovviamente messo in allarme le tante società dilettantistiche del nostro panorama calcistico e non, visto che il vincolo, attualmente, è tale per tutti gli sport. Come già detto nelle scorse edizioni, l’argomento è stato ampiamente trattato nell’assemblea biennale del Crl, che si è tenuta a Milano lo scorso weekend. L’intenzione del Comitato, ovviamente è quella di non subire passivamente l’attuazione della “Legge dello sport”, che se venisse recepita così com’è (considerando anche quanto previsto dal cosiddetto “lavoro sportivo”) sarebbe un disastro per realtà fatte di volontariato puro.
Diverse sono le contromosse che la Lnd ha illustrato: in primis la possibilità di dettare una disciplina transitoria che preveda la diminuzione progressiva del vincolo entro cinque anni (al 2027/28) per tutelare gli investimenti già effettuati dalle società.
Ci sarebbe inoltre la necessità, palese, di una rimodulazione dei premi di preparazione, in modo da remunerare progressivamente le società che hanno investito sul giocatore in questione (di un 20% l’anno), secondo parametri prefissati (con coefficienti maggiorati, a salire, in base alla categoria).
Per proteggere l’investimento della società acquirente verrebbe istituito il primo contratto di lavoro sportivo dilettantistico (o professionistico, a seconda dei casi), che andrebbe comunque a legare l’atleta alla società per un massimo di cinque anni, e sarebbe comunque cedibile prima della scadenza, ad altra società. Insomma, una sorta di vincolo in punta di normative attuali. Ovviamente (e questo si tradurrebbe in un onere definito per le società) questo contratto prevederebbe anche un corrispettivo da riconoscere al calciatore lavoratore sportivo. Diverso il discorso riguardante la figura del “lavoratore sportivo” non strettamente calciatore, al netto dell’obbligo dell’iscrizione all’Inail questa prima versione della legge dello sport obbligherebbe a riconoscere la situazione contributiva soltanto entro le soglie di 5.000 e 10.000 euro, ma il timore diffuso (tutt’altro che ingiustificato) è quello di creare ulteriori oneri in caso di strette legislative nei prossimi anni. Dunque, cosa attendersi nei prossimi anni? Sicuramente, come anticipato anche in altri articoli sul tema, una drastica riduzione delle quote obbligatorie (che verrebbe richiesta in primis dalle società e in secondo luogo dai comitati stessi), specialmente se questi “paracadute” non si riveleranno, nei prossimi anni, efficaci per proteggere l’attività dei settori giovanili, una “roccia” sulla quale poggiano diverse realtà nella nostra provincia. Nessuno è mai diventato ricco con i soldi dei prestiti, fuor di metafora, anche perché le spese vive per far funzionare la macchina di un settore giovanile, sono notevoli. E’ ovvio che la filosofia, per adattarsi alle normative europee (delle quali non mettiamo in dubbio la legittimità) debba in parte modificarsi, ma il rischio di fare diventare le realtà dilettantistiche le classiche “vacche da mungere” a tutti i livelli, senza tenere conto minimamente della funzione sociale che svolgono (in supplenza a determinate istituzioni), è reale. Così come è probabile, se non saranno posizionati bene i contrappesi, la “desertificazione” dei settori giovanili, che non sarebbero più un core business conveniente per le società di dilettanti. Un’altra possibilità è quella di un aumento progressivo delle quote di partecipazione (banalmente, soldi da far pagare direttamente alle famiglie) all’attività di base, scoraggiando, di fatto, la pratica calcistica dei ragazzi. Per questo la Lnd si sta muovendo e darà battaglia: da qui a fine febbraio, si dovrà dare forma e sostanza alle proposte per il futuro.