MANTOVA Si era “messo in panchina” (parole sue) lo scorso dicembre. Un po’ a sorpresa, visto che della rifondazione del Mantova, nell’estate 2017, Gianluca Pecchini era stato uno degli artefici. E in seguito ha sempre seguito in prima linea le sorti biancorosse. È ricomparso allo stadio nelle ultime partite, le più delicate, festeggiando infine la sofferta salvezza della squadra.
Cosa l’ha fatta alzare da quella panchina?
«Beh, l’animo del tifoso. Che peraltro è sempre stato acceso, anche in quei pochi mesi in cui non ho frequentato gli stadi. Il Mantova l’ho seguivo da casa, compatibilmente coi miei impegni. Diciamo che nelle ultime partite bisognava stare ancora più vicino alla squadra e per questo ho deciso di tornare allo stadio».
Che stagione è stata?
«Si possono dire mille cose, ma la sostanza è una: il Mantova è rimasto tra le 99 società professionistiche in Italia (sarebbero 100 ma il Catania è fallito, ndr). Di questo dobbiamo essere felici. Chi ha centrato questo traguardo va ringraziato».
D’accordo. Però si è rischiato parecchio…
«Che sarebbe stata una stagione complicata lo sapevamo e l’abbiamo messo in chiaro fin dalla scorsa estate. Ciò premesso, secondo me non siamo stati nemmeno tanto fortunati».
In che senso?
«Nello scorso campionato qualche episodio ci era girato a favore. Quest’anno ben pochi. Anzi abbiamo perso tanti punti immeritatamente, in partite che, con un pizzico di buona sorte in più, potevamo portare a casa».
Qualche errore l’avrete pure commesso…
«E chi non li commette? Il calcio non è la Formula Uno, dove se hai la macchina più veloce vinci. Non nego che ci siano stati momenti difficili, in cui noi soci ci siamo interrogati su tanti aspetti. Ma questo rientra nella normalità. Piuttosto, ho trovato eccessive certe critiche».
Qualcuna in particolare?
«Parlo a livello generale. Il “tribunale dei social” in sè non mi piace. Anche perchè, come dicevo, spesso non tiene conto che le partite sono fatte di episodi infinitesimali, capaci di cambiare repentinamente un giudizio. Qui a Mantova abbiamo una proprietà e una dirigenza che investono. Il centro sportivo è certamente perfettibile, ma è comunque un segnale di programmazione. I successi del settore giovanile, per i quali mi complimento con il responsabile Mari e il suo staff, sono frutto della semina che è stata fatta nel corso degli anni. Se ci fosse uno scudetto della serenità finanziaria, oggi il Mantova sarebbe lì per giocarselo. La squadra si è mantenuta tra i professionisti. Invece sento solo critiche».
Il tifoso vuole vincere e vedere il Mantova più in alto…
«Anch’io lo voglio. Ma ci si arriva per gradi. Permettetemi un paragone musicale: i Maneskin fino a pochi anni fa suonavano per strada, ora sono in cima al mondo. Anche noi vogliamo alzare l’asticella, ma è un percorso che va affrontato insieme, con armonia e compattezza».
A chi è rivolto il messaggio?
«Alla città, alle istituzioni, a coloro che a vario titolo hanno legami col Mantova».
Quale futuro attende il Mantova?
«Fiori rosa…, scriveva Mogol».
E di questo futuro Pecchini farà parte?
«Non sono ancora in pensione e le sfide mi affascinano. Se mi vogliono e se posso essere utile ci sarò».