Dal giornalismo alla narrativa, così Thrall vuole avvicinare il pubblico alla carneficina in corso

MANTOVA Nathan Thrall e Paola Caridi sono stati per un certo tempi vicini di casa a Gerusalemme, colleghi di esperienza della realtà violenta e disumana del conflitto israelo-palestinese. Thrall è un reporter ebreo statunitense, esperto di Medio Oriente e da diversi anni attivista umanitario nella città santa, autore del reportage narrativo Un giorno nella vita di Abed Salama (Premio Pulitzer 2024); Paola Caridi è una giornalista e scrittrice anche per ragazzi (Il gelso di Gerusalemme, 2024). La comune esperienza in Medio Oriente e i rispettivi ultimi romanzi sono l’occasione per i due giornalisti di un confronto a cielo aperto nella sede di Piazza Castello, affiancati dall’interprete simultanea Marina Astrologo. Thrall spiega la decisione di passare dalla scrittura giornalistica alla narrativa come tentativo di sensibilizzare un pubblico più ampio sulla carneficina in corso; la rete sistematica di violenze divisioni e conflitto è di una complessità tale da non potersi trasmettere per numeri e dati statistici, ma deve essere compresa con il cuore, assimilata nell’immedesimazione con chi abita e subisce quel conflitto ogni giorno. Caridi racconta la scelta di utilizzare un punto di vista inusuale, la prospettiva della natura (‘gli alberi sono l’ombrello di una comunità’), ritenendo le vicende umane profondamente allacciate a quelle del territorio. La scuola è un ulteriore punto di osservazione: a turno Thrall e Caridi raccontano di un sistema educativo frantumato e segregante, sfruttato dal governo israeliano per trasmettere i propri postulati politici, ma che può ancora in qualche caso eccezionale (come per le figlie di Thrall) rappresentare un’opportunità di incontro umano tra membri di comunità in guerra.