I baristi in coro, “dateci uno straccio di linee guida”

MANTOVA Non v’è dubbio che tra le categorie maggiormente martoriate dall’emergenza i baristi – così come i ristoratori – stanno pagando un pegno altissimo. Praticamente due mesi di chiusura forzata hanno azzerato i loro incassi, ma gli affitti, le bollette e le tasse (che il governo ha solo spostato, perciò dovranno essere comunque pagate) rischiano di mettere ko un settore che ancora nulla sa della cosiddetta fase due. O meglio, resta appeso alle decisioni di Palazzo Chigi, che proprio pochi giorni fa ha “stoppato” la proposta della task force presieduta da Vincenzo Colao che spingeva per una riapertura differenziata per macroregioni, con possibilità di riaprire bar, ristoranti e parchi già il prossimo 4 maggio. Altro aspetto che irrita la categoria sono le restrizioni ipotizzate per la riapertura, che si tradurrebbero con tavoli distanziati e plateatici eventualmente più ampi, per chi ne ha la possibilità. «Uno straccio di linea guida per organizzarci devono darcela, non possiamo navigare nell’incertezza», osservano i baristi mantovani interpellati dalla Voce. «Ci dicano come dobbiamo comportarci, perché non possiamo permetterci di perdere un solo giorno di lavoro quando finalmente potremmo riaprire. Ma si sbrighino perché qui altrimenti non si riapre più». Alcuni rivendicano il diritto di avere un sostegno a fondo perduto per non fallire. Alla preoccupazione, comprensibile e condivisibile, dei titolari di bar e ristoranti (di cui ci occuperemo nei prossimi giorni), non si può non tener conto del versante della socialità. Abbiamo capito che il bar continua ad essere l’epicentro di incontri e “scontri” al tavolino o al bancone. Il problema in sé non è il caffè, che capsule e cialde hanno portato a livelli più che accettabili anche nelle nostre case, ma il luogo “sacro” che, per citare il mitico Ernesto Calindri funge da fugace rifugio contro il logorio della vita moderna. E a pensarci bene, i Cafè restano probabilmente le uniche oasi democratiche che ci rimangono, all’interno delle quali siamo tutti uguali. Pur profondamente cambiati rispetto ai Bar Sport descritti da Stefano Benni o rappresentati nei film d’antan, restano un rito collettivo a cui difficilmente possiamo rinunciare. Ci manca la tazzina in compagnia, ma anche le discussioni di calcio e di politica. O semplicemente quelle due chiacchiere per intermezzare la routine quotidiana. (ma.vin)