Il Coronavirus dà alla testa: ancora supermercati presi d’assalto. Uffici postali e banche semivuote

MANTOVA – Sembra la vigilia di Natale o del veglione di San Silvestro. Ma nei carrelli non ci sono pandori o panettoni, ma alimentari di prima necessità. Da almeno tre giorni anche i supermercati mantovani sono presi d’assalto dai cittadini come se non vi fosse un domani. La psicosi da Coronavirus si porta dietro anche un’ovvia, seppur spropositata, paura per la fine delle scorte alimentari. I clienti si accaparrano soprattutto surgelati, pane, frutta e verdura. Impressiona la quantità di acqua che qualcuno acquista. Alcuni girano addirittura con due carrelli, uno solo per riporvi le confezioni d’acqua. Anche pasta e farina diventano beni quasi introvabili. Nel giro che abbiamo fatto in alcuni noti supermercati dell’hinterland per documentare la paura dei mantovani di rimanere senza cibo, la scena è più o meno sempre la stessa: carrelli pieni e scaffali semivuoti. La paura di dovere affrontare una quarantena forzata si fa sempre più strada anche tra la popolazione virgiliana nonostante non siano stati registrati casi di infezione da Coronavirus. Al Tosano di Curtatone ci imbattiamo in una coppia con il carrello zeppo di cassette di frutta, patatine e surgelati, tra i quali spiccano almeno una decina di pizze, tovaglioli e carta igienica. Chiediamo loro se sono preoccupati, e la risposta ci lascia destabilizzati: «Qui è come essere in guerra, si sa quando inizia ma non quando finisce». Ce ne usciamo sperando fosse una battuta e ci dirigiamo verso l’Ipercoop di zona Boma. La ressa è minore, ma anche lì notiamo molti carrelli pieni all’inverosimile. Sono le 18.15, e il caffè che volevamo prenderci nell’unico mono-bar rimasto all’interno del centro commerciale è già chiuso da un po’ per via dell’ulteriore stretta delle misure d’emergenza adottate nel nostro territorio per quando riguarda l’emergenza Coronavirus. Lasciamo le file dell’Ipercoop e ci buttiamo in quelle dell’Iper Martinelli di San Giorgio Bigarello. «Non sappiamo cosa accadrà, ed il governo non ce la racconta giusta – dice una cliente di Stradella incrociata all’uscita -. Forse dovremmo stare a casa per molti giorni, meglio prendere ogni tipo di precauzione». Entriamo, ed effettivamente molte scansie sono ormai vuote. I dipendenti si muovono come fossero a catena. Escono dai magazzini con i bancali pieni di merce e poi comincino ad aprire scatole piene di pasta, zucchero e sale riempiendo gli scaffali ripuliti. Comperiamo anche noi due cose, e raggiungiamo le casse. E li comprendiamo perché la pazienza viene considerata una virtù. La situazione alle casse è incredibile, con i carrelli che creano una muraglia difficile da aggirare anche per chi deve soltanto passare. Le ragazze sono comprensibilmente esauste e sbirciano insistentemente gli orologi per capire quanto manca alla chiusura. Paghiamo e salutiamo. Se la paura di rimanere senza scorte di cibo supera quella di frequentare luoghi affollati, lo stesso non si può dire di altri posti dove solitamente fare la fila è una consuetudine. A dirlo è la cronaca che arriva dagli uffici postali e dalle filiali bancarie, dove per certi versi la scena è surreale. Code nulle e siede libere. Uno dei tanti paradossi di questi giorni. Perché anche se non lo vedi, il virus made in China lo percepisci nelle cose di tutti i giorni.

Matteo Vincenzi