Fallimento ex riseria Roncaia, il teste: “Non tornavano i conti”

MANTOVA Con l’escussione degli ultimi testimoni si è di fatto conclusa l’istruttoria dibattimentale del processo relativo al fallimento della storica riseria di Canedole (ex Roncaia), finita sotto inchiesta circa l’ipotesi di bancarotta fraudolenta. Già due anni fa erano stati condannati con rito abbreviato Gilberto Schiavi, socio e di fatto amministratore dell’azienda e la figlia Laura. Il primo a tre anni e quattro mesi, la seconda a due anni e otto mesi. Il fatto risale nello specifico al 2009: l’azienda fallisce ed è messa in liquidazione. Viene istituito un trust liquidatorio nel quale affluiscono le attività e le passività dell’azienda. Il trust dà in affitto l’azienda alla Global service srl, riconducibile agli Schiavi.
Prima della liquidazione, però, la Global service conferisce gli immobili alla Tia servizi srl di Roverbella che li cede alla Hazelbay Limited di Londra che, a sua volta cede nuovamente tutto alla Global service. Nel 2009 Schiavi e la figlia sono accusati di aver distratto beni facenti parte del patrimonio sociale per oltre un milione. Ora sul banco degli imputati le altre sei persone che hanno scelto il dibattimento: Daniele Roncaia, amministratore unico della società dal 30 settembre 1991 al 19 febbraio 2009; Simmaco Zarrillo, legale rappresentante della società Hazelbay Limited di Londra, Alessio Raguseo, socio e legale rappresentante della Global Service, Francesco Raguseo, che aveva ricoperto lo stesso incarico, Carlo Corrubolo, consulente della riseria. E infine Mariano Baldini, anche lui consulente dell’azienda. Alessio e Francesco Raguseo, Carlo Corrubolo e Mariano Baldini sono, inoltre, accusati di aver distratto le rimanenze del magazzino per un valore contabile di 4 milioni e 708mila euro, di fatto invece per un valore effettivo di 253mila euro. Una presunta distrazione avvenuta con la costituzione della “Trust Riserie di Canedole srl” in liquidazione: rimanenze poi confluite nella Global Food.
Ci sarebbe, inoltre, stata la distrazione di 573mila euro derivante dalla riscossione dei crediti. Tra i testimoni auditi ieri, innanzi al collegio, anche un ex amministratore della società, subentrato a situazione ormai compromessa come da lui dichiarato a fronte «di conti che non tornavano e contratti sovrastimati». A metà ottobre discussione e quindi sentenza.