MANTOVA – La piena fa notizia. La piena del Po fa una notiziona. Della serie notizia più grande che nerita titoli a tutta pagina e fotografie belle ampie e distese, come la spianata d’acqua che si vede dall’argine. La piena del Po diventa una data storica, un numero da segnare sul calendario e da scrivere in agenda, per tutti quelli che vivono sotto gli argini. E anche per gli altri, ma di riporto. E la piena del Po insieme con i tronchi e le frasche, insieme con la paura e la schiuma porta in golena anche le favole del grande fiume. Storie e personaggi, avventure e sventure.
Quelle raccontate in letteratura e nei film, anche e soprattutto di Guareschi e più recentemente dal giornalista e scrittore Luca Ponzi, da Fidenza. Il suo libro, uscito per Oligo Editore, si intitola “Favole di fiume” e ci immerge nelle storie di personaggi tipici e di avventure quasi fantastiche. Come fantastico il piccolo grande mondo della golena. E in fondo se fai un giro sull’argine maestro nei giorni di piena non puoi non ricordare le immagini in bianco e mero della piena raccontata nei vecchi telegiornali, addirittura nei cinegiornali e nei film dedicati alla vita padana degli anni Cinquanta. L’acqua che arriva alle finestre delle case, le baracche in golena sommerse dal fiume, i pioppi che svettano solo in punta come piccoli arborei iceberg che sorgono e insorgono contro la corrente. Quei pezzi di terra, chilometri e chilometri, che sono del fiume tra gli argini maestri che in tempi di bassi livelli sono campi e boschi, attracchi e ristoranti, aree di svago e pic nic, diventano con la piena il letto del “principale”, del “padrone” del fiume Po. Perché ovviamente c’è la piena dell’Arno, c’è la piena del Tevere, c’è la piena dell’Adige, ma quella del Po non è una piena come le altre. E’ la piena del più grande. E non solo più lungo. Le favole della golena vanno sott’acqua per qualche giorno e si rigenerano.
E ti viene in mente l’avventura di quando da bambino la bisnonna Margherita nata a fine Ottocento anzi tre anni dopo al morte di Garibaldi, quindi anche nonna una quasi risorgimentale, ti portava all’alba, e anche prima, in golena a respirare l’aria buona e a combattere la tosse infantile. O i racconti della signora Greta che, da piccola, veniva accompagnata in riva al Po dove c’era un po’ di sabbia, e le dicevano che immergendo le giovanissime gambette l’acqua del fiume faceva guarire prima le croste della pelle, provocate dalle cadute o da altri domestici accidenti. E le favole del pescatore che prendeva la barca alla mattina presto per andare a pescare certo ma anche per vedere il fiume da dentro, in mezzo, e scorgere dietro gli argini le punte dei campanili e le nuvole che si nascondono. E i racconti dei boscaioli della golena che vanno a tagliare i rami e a raccogliere la legna facendo risuonare le voci e i suoni degli attrezzi nell’alveo del fiume come fosse una corte agricola sull’acqua. Il mondo fra gli argini del Po è un altro mondo. Anche all’udito. Un po’ inaudito. Mondo golena, mondo a parte. Ed è uguale ma al contempo diverso il mondo della golena di Boretto rispetto a quello di San Benedetto, la golena di Borgoforte sotto il ponte e la golena del Manico del Paiolo a Villa Saviola dove l’argine fa una rientranza ad arco quasi a indicare una naturale cassa di espansione, senza arginello. Avete mai sentito il rumore del fiume Po in piena? E’ memorabile. Ti entra nelle orecchie e nella testa. Come i ricordi di mamma: “Portarono la reliquia di san Leone sull’argine come preghiera di protezione e salvezza”. Viene in mente la processione solitaria, o meglio solo con un cane, di don Camillo per la benedizione del fiume con la croce brandita come bandiera di fede.
Scrive Luca Ponzi: “Quando vai in giro, per tanti anni, a raccontare storie vere, ti imbatti in dettagli, persone e leggende che ti restano in mente anche se non c’entrano nulla con quello che stai facendo. Le tieni lì, ogni tanto ci pensi, e loro cominciano a svelarti, poco per volta, particolari della loro esistenza. Le mie Favole di fiume hanno questa genesi e a un certo punto non potevo far altro che metterle su carta e condividerle, affinché non sparissero. E poi c’è il fiume: nulla di quello che accade nella nostra terra può prescindere dal Po, con i suoi detriti ha dato origine geologica alla pianura padana, con il canto delle sue acque e del vento che le sfiora ha creato un tipo di umanità del tutto particolare”. Parole sante e umane al contempo, da piena del fiume delle emozioni. Il canto delle acque! Bell’immagine, sonora, Bravo Luca.
Le “cose” e i “personaggi” del Po. Come la chiesetta del racconto Don Alceste, o il personaggio di Ceneri, l’anziano che “minaccia” di lasciare tutto alla parrocchia se le sue ceneri non verranno buttate nel fiume. E le sue ceneri sono davvero nel Po, a far compagnia a storie, delusioni, segreti, fatti di sangue. Storie in bianco e nero che sanno un po’ di Guareschi e un po’ di Piero Chiara. Storie “raccolte” durante le ore lente e languide della pesca, o durante una briscola o nel lavoro di cronista o frutto di reale amicizia, come la tenera goliardia di Bicio protagonista di Apecar.
Il Po c’è in ciascuna di loro, a volte solo intravisto a volte chiamato con forza a fare da filo rosso, lungo e placido serpente che cela e porta a galla a seconda di dove e come si snoda il suo corso. Perché, come scrive l’autore nella prefazione: “Nel suo scorrere apparentemente indifferente, il Po raccoglie dalle rive non solo sporcizia, ghiaia e tronchi, ma anche vicissitudini e concetti.”
Il Po come maestro, il Po come il suo argine. Il Po che inghiotte e insegna, il Po che scorre e trasporta, il Po che fa paura e che fa pace. Con la sua gente.