Morte Savazza, non convince la tesi del suicidio

tribunale di mantova

MANTOVA Riaperte per la seconda volta le indagini sulla morte di Emanuele Savazza, il 40enne dirigente dell’Asl e consigliere comunale di Roverbella ritrovato senza vita nella propria abitazione la mattina del 17 agosto 2015. Il giudice per le indagini preliminari Matteo Grimaldi, a scioglimento della riserva ha infatti deciso nuovamente per la non archiviazione del caso, rigettando così la richiesta di non luogo a procedere avanzata dalla procura di via Poma che da sempre aveva sostenuto la tesi del suicidio. Per il gip dunque è necessario un ulteriore supplemento d’indagine: in primis tramite accertamenti che gli inquirenti dovranno effettuare entro sei mesi di tempo sui supporti informatici in uso al manager nel proprio ufficio di via Trento. Inoltre stando a quanto trapelato vi sarebbe da vagliare la posizione di altre tre persone, tra cui i vicini di casa del 40enne, che avrebbero affermato di aver visto la vittima la sera dopo la data della sua morte. Questo onde fugare ogni dubbio circa un loro eventuale erroneo convincimento su detto particolare momento temporale. I genitori della vittima dopo essersi opposti alla prima richiesta di archiviazione, lo hanno fatto anche una seconda volta e, anche in tale circostanza la procura aveva chiesto che il caso venisse archiviato, istanza questa respinta di nuovo dal gip. In sintesi la vicenda, così com’è stata ricostruita dal sostituto procuratore Paola Reggiani titolare dell’inchiesta: è il 17 agosto 2015 quando nel garage di casa viene trovato dalla donna delle pulizie il cadavere di Emanuele Savazza. Viene certificata la morte per presunta impiccagione posto che, attorno al collo, era presente una corda da traino di colore giallo. Nel corso del sopralluogo non erano stati evidenziati segni di effrazione all’abitazione, tutte le stanze si presentavano in ordine e Savazza aveva denaro in tasca e anche il suo Rolex d’oro era ancora al polso. Circostanze che avevano fatto escludere agli inquirenti la pista della rapina. A fronte di tali elementi l’11 luglio 2016 il Pm aveva inoltrato una prima richiesta d’archiviazione. Il 20 luglio dello stesso anno il difensore della famiglia Savazza, aveva presentato relativa opposizione accolta poi dal giudice.