Galimberti, il pensare del viandante si fa limite alla tecnica

MANTOVA L’uomo come fine e mai come mezzo. Così tra le righe della Fondazione della metafisica dei costumi, Kant, riprendeva un concetto cristiano che oggi pare irrimediabilmente separarsi dai nostri giorni. Un’etica pur sempre antropocentrica ma assai differente, da quella che imperversa, attimo dopo attimo, nel nostro tempo. Ha inizio così la severa critica che il filosofo Umberto Galimberti, nella maestosa cornice di piazza Castello, attraverso un’analisi più che mai sincera e franca, svestita di ogni speranza, offre dell’epoca contemporanea, tempo che vive di passato e di presente, ma che manca spaventosamente di futuro. È l’etica della tecnica a fare da padrona a questa vita, un modus operandi che, come dettagliatamente illustrato dal filosofo ospite al Festival, non ragiona più le scelte. Questa è la tecnica, un continuo progresso destinato a crescere incessantemente, ma incapace al contempo, di prefigurarsi un effetto, una conseguenza, un futuro, poiché abituata solo a funzionare e carente di un’autocritica su ciò che dovrebbe essere o non, su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Quale allora possibile soluzione ad un modo di vivere che minaccia la vita stessa, disincantato e privo della consapevolezza dei propri limiti? Galimberti, propone una nuova etica: l’etica del viandante, titolo del suo nuovo libro. Il viandante, da non confondere con la figura del viaggiatore è colui che non individua confini, che attraversa la terra, ma non la conquista, la considera sua pari, essere vivente tra gli esseri viventi. La formula che la filosofia di Galimberti ci consegna appare molto semplice quanto, altresì, difficile da realizzare. Una lettura che dovrebbe trasformare la logica di stato, di separazione e di conflitto, quella logica antropocentrica che fa dell’uomo il nemico di se stesso, la personificazione della supremazia, in un’ottica fondata sul “Biocentrismo”; sul rispetto della vita in ogni sua forma. Si passa così alla seconda domanda, come sostituire l’etica della tecnica all’etica del viandante? Attraverso, non un piano di valori, ma per mezzo degli interessi. È infatti interesse di tutta l’umanità poter preservare e tutelare il luogo in cui risiede la vita, quella stessa vita che è casa dell’uomo e che non dovrebbe essere distrutta.