Il Messiah di Haendel venerdì al Filarmonico di Verona

VERONA Marie Lys, Sara Mingardo, Steve Davislim a Christian Senn sono i quattro solisti del grande oratorio in tre parti di Georg Friedrich Händel, che torna in tutto il suo splendore settecentesco dopo dieci anni esatti dall’ultima esecuzione al Teatro Filarmonico. Il M° Prandi, specialista del repertorio richiesto in tutto il mondo, guida l’Orchestra e il Coro preparato dal nuovo direttore. Ulisse Trabacchin è il nuovo Maestro del Coro della Fondazione Arena di Verona per il prossimo triennio. Veneziano, ha studiato pianoforte, organo e composizione organistica al Conservatorio Tartini di Trieste, dove si è brillantemente diplomato nel 1993. Maestro collaboratore e assistente presso i teatri di Treviso, Verona e presso La Fenice di Venezia, ha effettuato numerose tournée in Asia e in Europa. Musicista versatile, esperto e docente di arte organaria e didattica strumentale, la sua attività spazia dalla musica da camera alla coralità sacra e profana, dalla vocalità alla musica organistica, esibendosi in concerti solistici o in ensemble cameristici e orchestrali. Il cimento con il grande oratorio di Händel, contenente alcune delle pagine corali più celebri di sempre, giunge come propizio battesimo per il nuovo maestro, soprattutto perché a dirigere l’Orchestra e il Coro della Fondazione c’è uno dei massimi esperti di oggi del repertorio vocale e sacro del Settecento: Giulio Prandi, musicista, matematico, studioso, filologo e divulgatore, fondatore di Orchestra, Coro e Centro Studi Ghislieri, nonché direttore di prestigio, forte di importanti incisioni discografiche, tournée internazionali e riconoscimenti. A Verona è già stato sul podio dell’appuntamento lirico dedicato alla regina Didone lo scorso marzo, con la rara cantata di Jommelli e l’opera Dido and Aeneas di Purcell, con numerosi apprezzamenti da parte della critica nazionale: uno spettacolo trasmesso in streaming e ancora disponibile sulla webtv e i canali social della Fondazione Arena di Verona. Händel (1685-1759), coevo di Bach, Vivaldi e Scarlatti, si specializzò nella musica vocale sacra e profana fondendo le tradizioni luterana della madrepatria, l’opera e l’oratorio italiano a lungo frequentati fino alla stagione della maturità e infine la tradizione corale innodica inglese, sua terra adottiva a cui è tuttora legata la sua fama. Il primo esempio di grande oratorio inglese è proprio costituito dal Messiah, composto in poche settimane nel 1741 e revisionato a più riprese per un decennio. Il testo proviene interamente da passi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento, tradotti in inglese e solo in minima parte modificati, in una combinazione assolutamente originale creata da Charles Jennens. La prima parte annuncia con ponderata suspense l’avvento del Salvatore, culminando nell’episodio della Natività. La seconda e la terza parte, attraversando riferimenti e salmi sulla passione, morte e resurrezione di Cristo, culminano nell’annuncio della sua seconda e ultima venuta. Tra i momenti corali, giustamente famosi, si stagliano alcune delle arie melodicamente più felici del compositore di Halle: ad interpretarle sono chiamati alcuni dei più richiesti interpreti al mondo in questo repertorio. Fanno il loro debutto a Verona il soprano svizzero Marie Lys, vincitrice dei più prestigiosi concorsi vocali dedicati alla musica antica e al Belcanto, e il tenore australiano Steve Davislim, poliedrico artista votato anche alla musica del ‘900 e contemporanea, mentre fanno il loro graditissimo ritorno l’acclamato contralto veneziano Sara Mingardo e il baritono d’origine cilena ma italiano d’adozione Christian Senn, qui impegnato nelle pagine del basso.

Elide Bergamaschi