L’America di Whitehead “Sì, è un mondo razzista L’arte mi ha cambiato”

MANTOVA Santa Barbara gremita ieri sera per lo scrittore americano  Colson Whitehead. In America è considerato il romanziere più importante del momento. A breve uscirà sul mercato italiano, la sua ultima fatica: I ragazzi della Nickel , praticamente un autoritratto della società americana. Allo stesso tempo una denuncia che fa lo stesso Whitehead. Il tema è quello del razzismo. Il romanzo è ispirato a una storia vera. E’ ambientato negli anni ‘60: c’era Martin Luther King e i neri vivevano separati dai bianchi. Nelle pagine del romanzo scene forti di violenza, che si ripetono ancora oggi in america. La storia a cui si ispira l’autore è quella della scuola di Dozier, un istituto chiuso nel 2011 e luogo di abusi e violenze inaudite, scoperti solo successivamente, grazie a ricerche approfondite. Nel suo libro Whitehead ha fatto lo stesso. Ha scavato, ha cercato di andare a fondo a una questione che oggi non si può risolvere con l’erosimo, come negli anni ‘60. «Si rischierebbe troppo. Io non esco mai di casa». Whitehead si affida a due personaggi, molto distanti tra loro. Da una parte Elwood, ragazzo serio diligente e studioso. Dall’altra parte Turner, più bischero e birbante. Due rovesci della medaglia che consentono all’autore d’interrogarsi su una problematica comune all’America degli anni ‘60 e a quella attuale: come spiegare l’identità nera? Un tema forte, che forse non appartiene solo all’America, ma anche all’Europa. E per essere ancora più precisi, al Belpaese. L’attualità, in politica, come in tanti altri contesti, ci porta spesso a rispecchiarci in quello che scrive Whitehead. «E’ un mondo razzista – spiega lo scrittore americano -. E mi chiedo come sia possibile odiare qualcuno che non si conosce». Ma nel suo libro, Whitehead lancia anche segnali di speranza. Lo fa attraverso alcune citazioni di Martin Luther King, che vengono pronunciate da Elwood. Un segnale di speranza che potrebbe arrivare anche dalla letteratura. «Pensare che i miei mi volevano avvocato o veterinario. Non so se sia davvero così, perchè chi dovrebbe leggere non legge. Ricordo che Obama promosse due miei libri. Con lui anche gli scrittori e gli intellettuali venivano invitati alla casa bianca. Ora se ci dovessi andare, sarebbe per essere giustiziato, ma dopo giornalisti e gli scienziati dei cambiamenti climatici».
Tommaso Bellini