MANTOVA “Eroi”. Li hanno definiti così i numerosi spettatori intervenuti sotto un vero e proprio diluvio, i protagonisti dell’incontro “Radici in giallo” a Palazzo San Sebastiano: Gianni Farinetti e Gesuino Nèmus, all’anagrafe Matteo Locci, moderato dal sempre brillante Marco Malvaldi. “La bella sconosciuta” il titolo del lavoro presentato dallo scrittore piemontese, “Il Catechismo della pecora” quello dell’autore sardo da anni residente a Milano.
Numerosi i punti in comune emersi tra i due libri nell’ora di chiacchierata tra i tre scrittori.
In primo luogo, entrambi sono scritti in dialetto, un piemontese intriso di un umorismo tipico del Piemonte del Sud “che è poi la Napoli del Nord”, come lo definisce Farinetti il primo, e un sardo con tanto di traduzione in italiano all’interno di parentesi quadre “perché non è un dialetto intuitivo”, come ammette Nèmus, il secondo.
In secondo luogo, entrambi i testi vedono protagonisti personaggi seriali.
In terzo luogo, incluso Malvaldi, si sono ritrovati allo stesso tavolo – e forse non è stato un caso – tre autori di provincia, “un osservatorio privilegiato”, per stessa ammissione di tutti e tre.
Diverso invece il modo in cui i due scrittori scelgono i temi da inserire nelle loro trame narrative.
“Le idee galleggiano, l’importante è saperle riconoscere, vengono da loro. Importante è lasciarle sedimentare e farsi invadere da loro”, spiega Farinetti.
“Storia, personaggio e luogo quando si incontrano realizzano una sorta di corto circuito”, afferma invece Nèmus.
Differente anche la dimensione dei personaggi. Per Farinetti è interessante quando “un personaggio secondario, nel romanzo, si allarga”. Nei libri di Nèmus, invece, “non c’è mai un ispettore che risolve i casi e la location rimane sempre la stessa, è il luogo che comanda mentre i personaggi cambiano”.
Infine, un’anticipazione. A novembre uscirà il nuovo libro di Nèmus dal titolo “L’eresia del cannonau”, il trionfo del vino.
Tiziana Pikler