Calunnie al sindaco, assolta Elisa Nizzoli

MANTOVA Assolta perchè il fatto non sussiste. È quanto ha statuito ieri mattina il giudice per l’udienza preliminare Matteo Grimaldi nei confronti di Elisa Nizzoli, la 40enne ex vicepresidente dell’associazione culturale “Mantua me genuit” finita a processo per calunnia perpetrata ai danni del sindaco di Mantova Mattia Palazzi. Una decisione quella del gup che di fatto, in attesa delle motivazioni della sentenza previste tra novanta giorni, poggerebbe su un aspetto meramente tecnico d’interpretazione giurisprudenziale della norma; ovvero che nel caso di specie preso in esame non sia configurata la fattispecie di reato mossa a suo carico; una linea questa non sostenuta dalla procura, rappresentata nella circostanza dal pubblico ministero Silvia Bertuzzi, che per l’imputata aveva invece chiesto in requisitoria una condanna ad un anno e otto mesi di reclusione. Per cercare di capire la questione, prettamente di diritto, va ripreso quanto contenuto nel capo d’imputazione; secondo l’accusa infatti la Nizzoli, aveva leso la reputazione del primo cittadino virgiliano alterando conversazioni private scambiate tra i due nell’arco di un anno, dal novembre del 2016 al novembre del 2017, per poi trasformarle a sua volta in richieste di favori sessuali pretese da Palazzi per non ostacolare l’operato dell’associazione culturale cui, come detto, all’epoca era vicepresidente. Chiamata a testimoniare una prima volta circa l’ipotesi di reato di concussione mossa in un primo tempo a carico del sindaco, la 40enne aveva dunque confermato il contenuto dei messaggi scambiati con lui. Messaggi in realtà da lei manipolati, inviati alla presidente dell’associazione, Cinzia Goldoni, e infine arrivati in procura tramite un esposto presentato dal consigliere di Forza Italia Giuliano Longfils. Nel corso di un secondo interrogatorio poi la Nizzoli aveva dapprima tentato di riconfermare la veridicità di quegli sms, ma alla fine era crollata ritrattando tutto proprio di fronte all’evidenza delle perizie informatiche disposte dagli inquirenti sul suo cellulare. A quel punto, archiviata la posizione del sindaco per presunta concussione, la procura l’aveva indagata per calunnia. Sul fatto che la denuncia non fosse stata presentata direttamente da lei e che i messaggi alterati erano stati mandati all’amica solo per farsi bella ai suoi occhi senza alcuna intenzione di presentare querele, si è quindi basata la tesi della difesa, nella circostanza rappresentata dagli avvocati Paolo Aldrovandi e Stefano Beltrami. E proprio su questo particolare potrebbe essersi basata la decisione del giudice; vale a dire il mancato collegamento tra sms “taroccati” e la volontà dell’imputata di far presentare da altri una denuncia. Per quanto riguarda invece la posizione del sindaco Palazzi, difeso a suo tempo dagli avvocati Silvia Salvato e Giacomo Lunghini, e ammesso al giudizio in qualità di parte civile, va registrato il suo rifiuto ad avallare la scelta del rito abbreviato proposto dalla difesa sancendone di fatto la sua uscita di scena in sede penale, e potendosi ora rivalere quindi solo in ambito civile. La sua decisione di sfilarsi dal processo instaurato a carico della 40enne era stato motivato dal fatto che il rito alternativo scelto dall’imputata precludeva la possibilità di ottenere un pieno ed esaustivo accertamento dei fatti e delle circostanze che hanno contrassegnato tale vicenda giudiziaria limitandone la possibilità di provare compiutamente ragioni di verità e giustizia. In altre parole sarebbe limitata la possibilità di acquisire elementi probatori ed di accertamento dei fatti atti a far piena luce sulla vicenda. A questo punto la procura, dopo aver acquisito le motivazioni del dispositivo, potrebbe ricorrere in appello.