Feste comandate e tradizioni. A cavallo dei giorni “di punta”

Sono feste comandate e quindi sono giorni di punta. Martedì 19 dicembre, ad esempio, non è e non sarà un martedì qualsiasi, e nemmeno un 19 del mese qualsivoglia, perbacco, è il 19 di dicembre, mancano sei giorni al Natale. Feste comandate, e autocomandate, e le tradizioni più o meno consolidate fanno dei giorni cosiddetti normali dei giorni di punta, noi qui e ora, ultime due settimane di dicembre, anno del Signore 2023. Siamo a cavallo dei giorni di punta. Più giorni degli altri, più da calendario, pieni di impegni e di anniversari, resi incandescenti dalle agende che si riempiono di appuntamenti perché, accidenti dal 22 di dicembre d’un colpo si salta al 7 gennaio, anzi questa volta, anno del Signore 2024, pure all’8 gennaio perché il 7 è domenica. Un giorno in più di vacanza, dicono a scuola e in ufficio, in fabbrica e in giro per chi fa i conti dei feriali e dei festivi. Bene, aria di Natale, luminarie tutt’attorno, intere pareti di palazzi che diventano cascate di luci; alberi che smettono di essere piante e diventano una fiera di luci e colori, illuminando terra, cielo e passanti inebriati di cotanto luccicore.
Dai primi di dicembre guardiamo le agende e non abbiamo più una cena o un pranzo liberi: compagni di lavoro, compagni di paddle, amici di scuola, amiche della parrucchiera, gruppo della Polisportiva, gruppo del coro e dei villeggianti che furono a Policoro, amici della Dante Alighieri e gruppo nostalgici di Eugenio Montale, comunità dei catechisti attuali e di un tempo, soci di club e associati del circolo, compagnie di viaggio e compagni di giro dell’ultimo momento, embè, 20 pranzi e 20 cene, quaranta tavolate in un quasi mese non ci stanno, addio famiglia, addio figli, addio moglie, addio nonni, bisogna fare l’incontro di fine anno.
Giornate di punta, appunto. Che fatica! E tra una cena sociale e un pranzo di rito, tra una colazione di rigore e una elegante presenza o partecipazione sportiva ci sono tutte le altre più o meno prosaiche incombenze, come i regali. Dove mettiamo le ore dei regali? Scambio di WhatsApp e messaggini, rincorsa di pacchi e pacchettini, oddio non posso rifare lo stesso regalino dell’anno scorso. Ah, ma sta volta solo un pensierino! No, che tempi questi tempi di fine anno di ricordini e regalini. Un pensiero, dai basta un pensiero basta che siamo a cavallo dei giorni comandati e delle mode. E poi i pranzi e i cenoni. Mi son sempre chiesto: come mai si chiamano cenoni e non pranzoni? Mah. Stress ma anche soddisfazione con tutti quei pacconi sgargianti e ciuffi di e con nastri una volta isolanti adesso raccordanti gioia e festività.
Quanta carta si butterà? Ma quello vien dopo, adesso è bello impacchettare e impreziosire, incartare e arrotolare, legare in un bel nastro d’orato che più dorato neanche il marito dell’orata potrebbe. (Lo so, qui sono stato eccessivo). Tutto in salita, ultimi giorni da qui al 24 come sugli ultimi tornanti del Pordoi, venendo da Canazei, quando la biciletta e il tuo polmone chiederebbero un minuto di tregua. Incontro umanissime persone col fiatone da stress di preparativi. Eh, siamo a cavallo dei giorni di punta bisogna trottare. I cappelletti li fa la nonna o li compriamo? Bella domanda. Ma qualcuno l’ha detto alla nonna che arriva Natale? E il capitone lo compriamo sempre da Paolo o stavolta andiamo da Michela? Belle domande. Ed è ancora di moda il capitone a tavola? Non ci son problemi per pandori e panettoni perché per quelli c’è sempre un pacco in arrivo o una sorprendente cessione da un amico o un parente.
Mi cresce un panettone, posso dartelo? Eh, la settimana prima di Natale è super piena! Viaggi più i meno lontani per raggiungere parenti e amici o per tornare a casa con i parenti e ritrovare gli amici. Spostamenti di pochi chilometri per salutare e fare gli auguri a tutti i costi alla zia, all’amica o al parente del parente, al compagno di merende, come se poi non ci fosse più tempo e più niente. Come se non ci fosse un domani. Siamo fatti così, un po’ come lo yogurt, ci piace la scadenza.

Natale scintillante o natale al lume di candela? L’importante è sentirla dentro la luce non solo vederla fuori, mi dice un signore con barba e baffi e cappello da marinaio che incontro sul porto di Ancona.
Chissà quante luci di Natale ha sognato da marinaio rientrando poco prima delle feste. E lui vedeva le luci della costa da lontano sperando che presto potessero diventare luci interiore, festa di famiglia, calore attorno all’albero. Natale dal mare, una voglia infinita di luce e di casa, immagino. Noi che in questi giorni sulla terra siamo possiamo guardare con occhi diversi anche le luci piccole e grandi.

Ci sono paesi e cittadine anche nel mantovano che hanno illuminato e addobbato per quanto hanno potuto e altri paesi e altre città e cittadine che hanno scelto di non mettere luci, luminarie, catene di stelle e stelle comete più o meno cadenti, decidendo di devolvere l’ammontare della spesa corrispondente ad altre finalità -tipo, ad esempio- aiutare le famiglie in difficoltà per pagamento di bollette di luce, gas, riscaldamento, rette poco rette e curve sempre più difficili. Va bene tutto: scelte di cuore. Riempiono gli occhi di grandi e bambini le grandi estese luci di Suzzara, città centenaria quest’anno sfolgorante. Ma anche tre dolci luminarie davanti a una pieve di campagna fanno luce fuori e dentro.

E vabbè, dice la signora, per un quest’anno faremo senza la luminaria in piazza ci accontentiamo dell’alberello in casa o del piccolo abetino con due luci led solari. Libertà di luce vo cercando anche a Natale. Libera luce in libera festa, per copiare un motto ben altrimenti applicato nei secoli scorsi, e comunque viva la luce interiore che può scoppiare anche da una piccola scintilla esteriore, basta un lumino, basta un candelino, basta una treccia su un balcone, basta una stellina sul portoncino.

A Mantova le luminarie di tradizione nel centro e nel cuore della città, laddove le piazze si aprono ai vicoli, dove si svolta tra Sant’Andrea e piazza delle Erbe, cuore del cuore della città di Virgilio, dei Gonzaga e pure di tutti noi.
Città mantovana piena di stelle, di arte, di civiltà e di cultura. Stelle anche metaforiche. Come quelle sulla capanna della natività. Non si narra di botti a raffica, fuochi d’artificio e botteghe illuminate a giorno. Altre stelle. A proposito di stelle: si dice stélle, con la e chiusa non stèlle con la e aperta, così come si dice bène con la e aperta e non béne con la e chiusa, esercizi natalizi in tema.