Infermiere aggredito in pronto soccorso, solidarietà dai medici di medicina generale. Silvestro Scotti: «Questa inaccettabile violenza sia un campanello d’allarme per la politica e per le scelte dei cittadini in vista delle elezioni».

Medici e infermieri al lavoro senza sosta nel reparto di terapia intensiva passato da 5 a 17 letti per curare i pazienti covid all' ospedale di Vizzolo Predabissi, 24 Marzo 2020. Ansa/Andrea Canali

MANTOVA «A titolo personale e di tutta la categoria voglio esprimere piena e sincera solidarietà all’infermiere del pronto soccorso dell’ospedale San Pellegrino di Castiglione delle Stiviere, nel Mantovano, che è stato aggredito da un paziente con due violenti pugni al volto. L’ennesimo episodio di ingiustificabile violenza, che vede come vittime coloro i quali sono al “front office” di un servizio sanitario ormai depauperato e stremato». Lo dice Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, dal quale arriva anche un deciso invito ad una riflessione nei confronti di una politica che al momento sembra «molto lontana dal tema di una sanità che sia efficace e prossima ai bisogni dei cittadini e alle giuste richieste dei medici e di tutti gli operatori che sono impegnati sul campo». Scotti ricorda come il tema delle violente aggressioni sia purtroppo ricorrente per quanti operano nei servizi territoriali, come il 118 o la guardia medica, e non meno negli studi di medicina di famiglia sparsi sul territorio. “Termometro” di una situazione ormai ben oltre il limite è proprio il fenomeno della aggressività dei pazienti ormai diffuse anche negli studi di medicina generale. «Per quanto ingiustificabile – dice il segretario generale Fimmg – questa violenza deve essere letta anche come il sintomo di una grave frustrazione dell’utenza, che non trova più risposte efficaci a causa di organici sottodimensionati e stanchi per il super lavoro. Quando la violenza entra nello studio dei medici di medicina generale, come ormai purtroppo accade, significa che il disagio è più forte anche di quel rapporto di fiducia che da sempre lega medico di famiglia e paziente. Un rapporto che resta solido e insostituibile, ma che in alcuni casi è minato dal super lavoro e da carichi burocratici insostenibili e ancor più incomprensibili per il paziente, che pensa di avere una risposta assistenziale e non “burosanitaria”, dalla carenza dei medici di famiglia, che crea gruppi di milioni di pazienti senza medico per mesi e che aggrediscono i nuovi ingressi come se fosse loro la responsabilità anziché di chi avrebbe dovuto programmare il ricambio».

L’invito che il segretario generale Fimmg rivolge alla politica, al di là delle candidature, è quello di una maggiore consapevolezza e di una presa di responsabilità forte. È determinante che la discussione sul problema medico riferito al personale sia centrale, non solo in una dialettica di campagna elettorale, ma anche e soprattutto in un’ottica programmatica di breve, medio e lungo periodo. Occorre che i piani del Pnrr, che oggi sembrano orientare l’assistenza nella direzione di una minore prossimità al cittadino, siano invece indirizzati e finalizzati al discorso della capillarità e del potenziamento degli organici. «Temi come la carenza di professionisti in tutti gli ambiti dipendenti e convenzionati – conclude Scotti – contratti bloccati al 2019 (che comunque restano i contratti peggiori d’Europa), carichi di lavoro insostenibili per tutti, ognuno per il proprio ambito, legati allo scarso investimento pubblico e all’arrendersi del pubblico al privato senza condizioni. E ancora, la conseguente educazione consumistica della sanità, favorita da un privato che non è sottoposto a verifica medica delle necessità assistenziali, ma che è invece legato al modello di offerta puramente commerciale, vanno affrontati subito con soluzioni che siano rapidamente applicabili. Sono questi temi irrisolti che, oltretutto, creano disuguaglianze e aggressività dei pazienti, come probabilmente è avvenuto nel caso dell’infermiere e in tutti i casi di aggressioni di cui sono piene le cronache. Nessuno si illuda che “Pnrr” sia la parola magica che risolverà il problema, anzi, senza medici e personale sanitario, ormai stanco, potrà solo peggiorare. Bisogna discutere ed elaborare le soluzioni con chi le vive nella vita reale, non nei laboratori del management sanitario».