No pizzeria, ma tanti “sì” discutibili della Soprintendenza

MANTOVA Sono noti molti veti imposti negli ultimi anni dalla Sovrintendenza ai monumenti nei confronti di tante proposte pervenute da soggetti privati. La “città Unesco” intanto è restia a recepire la necessità del fotovoltaico in centro, nonostante alcune recenti beneplaciti, ma quasi sempre solo su edifici pubblici. Pressoché senza deroghe la possibilità di aprire finestrelle “velux” sui tetti del centro, quantunque invisibili dalla strada. E fecero scalpore poi, un paio d’anni fa, le barricate della tutela paesaggistica contrapposte al plateatico del Bar Sociale di piazza Cavallotti.
Da ultimo, la Soprintendenza mantovana si è dimostrata ostativa al progetto di riqualificazione della Casa del Mercante di piazza Mantegna, storico edificio quattrocentesco già appartenuto al ricco mercante Boniforte da Concorezzo e, sino allo scorso anno, sede dell’attività commerciale “Casa del bianco”. In questo prestigioso immobile il proprietario aveva presentato un progetto di riqualificazione per farne una pizzeria deluxe gestita dal colosso della ristorazione Rossopomodoro, che ha presentato agli uffici competenti un intervento da 1,28 milioni. Niente da fare.
Eppure, in molti si chiedono, come sia possibile che la stessa Soprintendenza non abbia obiettato a molti interventi invasivi persino sui monumenti storici. In testa la bocciatissima copertura dei mosaici romani della “Domus” di piazza Sordello, dai più ribattezzata “vespasiano”. Per non dire delle invasive superfetazioni in cemento per ospitare gli impianti di elevazione nel Palazzo del Podestà, ben visibili da piazza Erbe, o della Torre della Gabbia, in vista della possibilità di utilizzarla come belvedere sulla città vecchia.
Ultimo e non ultimo, nonostante le bocciature di Italia Nostra e del prorettore del Politecnico Federico Bucci, che lo definì “una Gardaland”, il nuovo parco Te. Qui i vincoli Unesco non valevano. (valef)

1 COMMENTO

  1. In realtà, per chi da sempre vive Mantova con il cuore, motivi per considerare gli interventi della Sovrintendenza poco rispettosi e talvolta quasi sfregio alla tradizione architettonica locale ce ne sono parecchi.
    Io penso e spero per ignoranza delle consuetudini locali o addirittura per ignoranza di norme forse ancora in vigore!
    Mi piace in questo senso citare un esempio emblematico: ancora nella prima metà dell’ottocento a Mantova fu intimato a tutti proprietari di case con scalinate che andavano ad interessare la pubblica via o i marciapiedi di portare tutti i gradini all’interno dei rispettivi palazzi per non ostacolare la libera fruizione a pedoni e veicoli del pubblico sedime. A Mantova, infatti, le scale di accesso anche ai palazzi più sontuosi sono sempre poste all’interno del portone di ingresso e questo è rimasto verbo incontrovertibile fino a qualche anno fa, quando in vicolo Fieno (adiacenze piazza dei Filippini) spingendo un passeggino mi ritrovai con un certo stupore costretto a girare attorno a nuove ingombranti e inusuali gradinate. Pensai ad un errore che presto sarebbe stato corretto perché è dai tempi della Kecca, o del Kecco che dir si voglia, che non si fa! Invece pochi anni dopo un’ altra anomalia si presentava sui marciapiedi prima d’allora sgombri da inciampo: nella bella piazza dietro S.Andrea due bei “giaroni” a parallelepipedo con funzione di gradino venivano posti sulla nobile “salgata” pedonale. Il motivo per cui non si sia portata all’interno una semplice singola pedata rimane un mistero. Questo per dire che prima di gettare la croce addosso ai funzionari (spesso, va detto, censori di interventi opinabili ma anche purtroppo di dignitosi recuperi funzionali) probabilmente bisognerebbe illustrare loro le modalità non solo procedurali di intervento ma anche usuali che talvolta per gli indigeni hanno valore prossimo alla norma. Una certa formazione preliminare insomma, prima di trattare Mantova come un luogo senza specificità, forse andrebbe fatta. Ma questo è solo un parere personale e certamente sarà considerato “scientificamente” irrilevante.

    Sarà la tur dal Sücar, ch’ è dentr’in ogni cör…