MANTOVA Classe 1991, messinese, in viale Te dall’ottobre 2020, Alessandro Raffa è una delle figure chiave del Mantova. È lui che ha seguito e curato l’iter burocratico che ha portato alla riammissione in C, prima nel ruolo di segretario generale e poi di direttore operativo. Doveroso lasciargli la parola per farci raccontare segreti e retroscena della “rinascita biancorossa”.
Direttore, partiamo dal 13 maggio 2023, il giorno della retrocessione…
«In realtà bisognerebbe partire dal febbraio ’23, quando Piccoli mi chiese se sarei rimasto, indipendentemente dall’esito del campionato. Gli diedi la mia parola».
E arriviamo al fatidico 13 maggio…
«La mattina dopo il play out perso con l’Albinoleffe mi chiamò Piccoli: “Sono sotto casa tua, scendi”. Voleva cominciare a parlare del futuro, a ferita ancora aperta. Da lì è ripartito tutto».
Che rapporto ha con Piccoli?
«Un rapporto di estrema fiducia reciproca e che va oltre l’ambito professionale. Fu Piccoli ad allargare le mie mansioni, affidandomi un ruolo che al Mantova mancava da parecchio tempo».
Ci racconta un aneddoto sul presidente?
«Uno fra tanti: quando apriamo la prevendita, la prima cosa che mi chiede non è l’incasso bensì il numero dei biglietti acquistati. Ho una quindicina d’anni di esperienza in Lega Pro e vi assicuro che è una rarità tra i presidenti. Questo per dire quale fosse l’unico, vero obiettivo di Piccoli: riportare la gente allo stadio».
Torniamo all’estate scorsa…
«Inizialmente la situazione era molto confusa. Sembrava non ci fossero speranze di riagguantare la C. Finchè un mattina vado a una riunione della Lega Dilettanti e una persona mi dice: “Ma tu cosa ci fai qua? Guarda che la strada è spianata: una società (il Pordenone, ndr) non si iscriverà e il Mantova verrà riammesso in C”. E in effetti andò così».
La prima mossa di Piccoli è stato l’ingaggio di Botturi…
«L’arrivo di Christian, fortemente voluto dal presidente, è un altro passaggio chiave. Non ci conoscevamo, ma sembrava lavorassimo insieme da 10 anni: massimo rispetto dei ruoli, fiducia reciproca, dialogo costante su qualsiasi aspetto».
Com’è cambiato il modo di lavorare in società rispetto al passato?
«Il cambio di passo è stato netto. L’innovazione più importante è stata la riunione pre-gara e quella post-gara tra tutte le componenti della società: oltre a me e Christian, partecipavano l’area stampa, l’area marketing, il team manager, talvolta il segretario del settore giovanile. Insomma, tutte le figure coinvolte a vario titolo nell’“evento partita”. Quella non era solo l’occasione per pianificare ogni dettaglio dell’evento. Ma diventava anche motivo di confronto, condivisione e crescita. Personale e societaria».
Dove si può ancora migliorare?
«In parecchi ambiti. In Serie B si alza il livello di qualunque aspetto. Sarà una sfida impegnativa, ma affascinante, per tutti noi».
Quando e da cosa ha capito che la B era raggiungibile?
«Ho percepito da subito una mentalità diversa. Quando, dopo la sconfitta con la Triestina, una persona che lavora qui mi ha chiesto se l’anno scorso la FeralpiSalò (poi promossa in B, ndr) avesse perso qualche partita, ho avuto la conferma che si stava mirando in alto. Ed eravamo solo alla sesta giornata».
Lei come ha vissuto personalmente questa annata?
«Ho sempre cercato di mantenere l’equilibrio. Perchè so bene come si possa passare in un attimo dall’amarezza più grande di una retrocessione all’euforia per quel che è venuto dopo. Quindi, equilibrio prima di tutto. E lo dice uno che non ha mai capito nulla di calcio, nè vuole capirci. A me interessa la parte esterna».
Capitolo stadio. Come procederà la tabella dei lavori?
«L’impegno dell’amministrazione comunale è sotto gli occhi di tutti. Noi come società ci siamo mossi per tempo, prendendo contatti con la Lega di Serie B: qualcuno ci prendeva per pazzi, oggi possiamo dire che abbiamo fatto bene. Il Comune ha indicato per il 19 agosto la fine dei lavori, ma potrebbero concludersi prima. Noi ce lo auguriamo, perchè il campionato di B dovrebbe partire il 17 e, nel caso, vorremmo giocare la prima partita al Martelli».
Non potendo nominare il Martelli a causa dei lavori, quale stadio indicherete al momento dell’iscrizione? Si parla di Cesena…
«Si va in quella direzione. Le iscrizioni scadono il 4 giugno e per quella data i lavori al Martelli non saranno completati. I contatti col Cesena risalgono a qualche mese fa e il club si è reso subito disponibile. Non abbiamo ancora formalizzato ma, visti gli ottimi rapporti tra le società, sono fiducioso che lo faremo».
C’è un’alternativa?
«No. Il discorso che abbiamo intavolato col Cesena ci rassicura. Nei prossimi giorni andrò in Questura a Forlì per approfondire alcuni aspetti».
La gara casalinga di Supercoppa si giocherà al Martelli?
«Sì. I cantieri dei lavori, anche se aperti, lo consentiranno».
Riapertura distinti: si parla di una agibilità parziale per lasciare spazio agli sponsor…
«In realtà, l’agibilità sarà totale. Il presidente valuterà poi in base alla mole di richieste che riceveremo».
Sulla campagna abbonamenti cosa possiamo anticipare?
«Vogliamo incentivare la vendita on-line perchè gli stessi tifosi hanno dimostrato di andare in quella direzione. Senza ovviamente penalizzare troppo quella “fisica”. Di prezzi e altro è prematuro parlare. Certamente sarà obbligatoria la Fidelity Card, perchè lo prevede la Serie B».
Vogliamo spendere due parole sul sociale?
«Volentieri. Credo che il Mantova abbia fatto passi da gigante in questo ambito, con tante iniziative che hanno riscosso un ottimo gradimento da parte di istituzioni e operatori. Ne siamo fieri».
Per lei è stata un’annata speciale anche sul piano personale, vero?
«A luglio sono diventato papà di Filippo. A settembre era già allo stadio… e ha vinto il suo primo campionato! Tra 6 mesi nascerà il mio secondogenito. Sì, è proprio un bel momento».
Per concludere: qual è l’immagine che sintetizza l’ultimo anno?
«Non un’immagine, ma un oggetto: la sedia dove sono seduto in questo momento. La stessa dov’ero quando ho parlato con Piccoli dopo Mantova-Albinoleffe; e quando l’arbitro ha fischiato la fine di Lumezzane-Padova. Una sedia iconica, che ha “visto” tutto. Non la scorderò».