Abusi sulla figlia minorenne, stangato il padre

MANTOVA L’accusa mossa nei suoi confronti era pesantissima: violenza sessuale perpetrata ai danni della figlia minorenne. Con questo capo d’imputazione era finito a processo un 45enne di origine albanese residente in un comune del Basso Mantovano. Una vicenda agghiacciante, consumatasi in ambito familiare e su cui era stato mantenuto il più stretto riserbo. Secondo quanto emerso gli inquirenti avevano iniziato ad indagare sul caso alla fine del 2017 dopo che la giovanissima vittima aveva trovato il coraggio di denunciare quell’inferno di abusi che per anni era stata costretta a subire in silenzio. I fatti erano poi trapelati all’inizio del 2018 dopo la segnalazione presentata alle forze dell’ordine. Dopo mesi d’indagini serrate, in manette era così finito il padre dell’adolescente, nel frattempo trasferita in una struttura protetta. Il quadro accusatorio per l’uomo è decisamente inquietante e parla di reiterate violenze sessuali commesse sulla propria figlia ancora oggi minorenne. Nello specifico gli episodi si sarebbero protratti per un arco di tempo lungo diversi anni e iniziati quando la ragazza era poco più che una bambina. Rapporti, estorti con la violenza, che si sarebbero consumati esclusivamente all’interno delle mura domestiche e perpetrati dal genitore approfittando dei momenti in cui la moglie era assente. Un paio di mese fa, in un’aula rigorosamente a porte chiuse, era toccato alla presunta vittima dover ripercorrere quei drammatici nonchè traumatici episodi. Nel corso dell’ultima seduta erano invece comparsi i testimoni della difesa, tra cui alcuni ex colleghi di lavoro dell’uomo prima dell’esame dello stesso imputato. Attimi di tensione si erano inoltre registrati prima dell’udienza quando, in tribunale si erano ritrovati i parenti del 45enne e quelli della moglie a processo quale parte civile. Ieri pomeriggio dopo una lunga camera di consiglio, il collegio dei giudici ha emesso il verdetto condannando l’uomo a dieci anni di reclusione a fronte di una richiesta detentiva avanzata dal pubblico ministero in fase di requisitoria pari ad 8 anni. Tra le pene accessorie applicate nei suoi confronti anche la revoca della patria potestà.