Rissa tra ultras, chieste cinque condanne

MANTOVA «Quello immortalato nelle immagini della Digos non sono io, la costituzione fisica di quell’uomo è ben diversa dalla mia e inoltre, quel giorno, non ero neppure andato allo stadio». Questo quanto dichiarato a sua difesa, ieri innanzi al giudice Gilberto Casari, da P.G., uno dei dodici tifosi (due virgiliani e dieci padovani) finiti sotto accusa per gli scontri tra ultras del 7 novembre 2021 in occasione della partita Mantova-Padova.
Quel pomeriggio infatti, poco prima del fischio d’inizio una ventina di supporter biancoscudati, con l’intento di creare disordini, dopo essere arrivati in città in ordine sparso con le proprie auto e aver ignorato le indicazioni delle autorità sulle modalità con cui accedere allo stadio, si erano ricongiunti in piazza dei Mille, raggiunta attraverso vie interne. E qui – in via Salnitro e nei pressi del circolo Arci Donini – si erano trovati di fronte a un gruppo di tifosi mantovani, quest’ultimi già informati dell’arrivo dei rivali e quindi intenzionati ad affrontarli.
Non appena entrate in contatto, tra le due fazioni era così scoppiato un breve ma violento tafferuglio, che aveva coinvolto una trentina di ultras, di cui alcuni armati di cinture e aste delle bandiere, oltre che di mazze. Il tempestivo intervento della Polizia in tenuta antisommossa era riuscito a interrompere le violenze e a evitare che qualcuno rimanesse ferito. Il successivo esame dei filmati delle telecamere di sicurezza aveva infine permesso di identificare buona parte dei responsabili. I dodici ultras individuati erano stati denunciati per rissa, porto di oggetti atti a offendere e per aver lanciato e utilizzato oggetti contundenti. Nei loro confronti il questore aveva pure disposto il Daspo (sette della durata di 3 anni e cinque della durata di sette anni). Di quei dodici, cinque avevano chiesto e ottenuto in sede processuale di essere giudicati con rito abbreviato. Tra questi anche il 33enne mantovano difeso dall’avvocato Elena Betteghella. Nei loro confronti il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 8 mesi ciascuno di reclusione e 800 euro di multa. Il 30 aprile la sentenza. Per gli altri il giudizio si svolgerà invece in separata sede a partire dal 20 marzo.