MANTOVA È un vero terremoto quello che si è verificato in via Portazzolo, dove il colosso del pannello ecologico Frati ha consegnato nelle mani del presidente Fabio Viani la propria uscita dall’associazione degli industriali. Una notizia resa nota ieri da MantovaUno, e confermata dalla locale Confindustria, anche se sembra essere giacente già da alcuni mesi.
Il gruppo Frati di Pomponesco, forte di tre rami aziendali (pannello, chimica e trasporti) è infatti fra i primi cinque contribuenti dell’associazion con una dote annua di 75mila euro. E il motivo di questa defezione? Abbottonatissima Giovanna Frati, figlia del patron aziendale scomparso lo scorso Natale. Non meno reticente la stessa Confindustria, che si limita in una nota a parlare di «motivi sufficientemente enunciati nelle sedi opportune», ossia nelle mani dello stesso presidente Viani che ha ricevuto la comunicazione, e che da svariate voci sarebbero unicamente da ricondurre al suo modello gestionale. E non da oggi: i mal di pancia risalgono ormai ad alcuni anni; quantomeno dalla ex direzione di Maurizio Migliarotti, poi proseguita sotto la presidenza Viani dal 2023 con la nuova direzione di Daniele Ponselé.
Ufficiosamente, quel malessere sarebbe riconducibile a una gestione verticistica dell’associazione, che spesso mette i soci di fronte a fatti compiuti e a proverbiali “scodelle lavate”, senza che i soci (maggiori o minori) trovino coinvolgimento.
Ma non è solo la fuoriuscita del colosso di Pomponesco a far squillare il campanello d’allarme in via Portazzolo. Al di là del normale turnover, che vede da sempre imprese entrare o uscire dal consesso societario imprenditoriale virgiliano, questa volta si profila ciò che potremmo interpretare come un’azione di forza. La Frati si sarebbe mossa in autonomia, quantomeno in apparenza, ma anche altri importanti gruppi parrebbero prossimi a seguirne le orme. Si parla dell’imprenditore Giovanni Bonfanti, per esempio, anche senza riscontri; come pure del mancato ingresso di Sterilgarda (anche in tal caso però senza riscontri oggettivi).
Di oggettivo semmai è il numero impressionante di personale che in appena tre anni ha più che dimezzato il corpus operativo di via Portazzolo. Una stima non proprio approssimativa di un ex dipendente assicura che dei 40 assunti se ne siano andati ben 25. E tutti con la stessa motivazione che ha causato le lagnanze degli associati fuoriusciti: mancanza di collegialità nelle direttive e decisioni assunte dai vertici, con conseguente malcontento diffuso. Insomma, una situazione generale che parrebbe ben lontana dall’attribuire tali scelte a sole motivazioni personali.