I Subsonica ritrovano Mantova ”dopo che il mondo è cambiato”. Sarà un concerto di emozioni

MANTOVA  Parte il 3 aprile dal PalaUnical il Subsonica 2024 Tour che vedrà la band esibirsi sui palchi dei principali palazzetti italiani. L’occasione per Samuel (cantante), Max Casacci (produttore e chitarrista), Boosta (tastierista), Ninja (batterista) e Vicio (bassista) per presentare dal vivo i brani del decimo album “Realtà Aumentata”, uscito lo scorso 12 gennaio. Il gruppo rock elettronico italiano, nato a Torino nel 1996, torna così nella città virgiliana dopo l’esibizione in Piazza Sordello di Capodanno 2020 “l’ultimo concerto prima che cambiasse il mondo”, per dirla con le parole di Max Casacci.
Max, perché la scelta di Mantova come tappa di esordio del nuovo tour?
“La partenza di uno spettacolo così complesso come quello che si porta in giro nei palazzetti, dove viene messa in gioco tutta la componente scenica, ha bisogno di una location che ci permetta di fare le prove anche nei giorni precedenti, una disponibilità che non sempre c’è nelle grandi città. Negli ultimi quindici anni abbiamo costruito una sorta di famiglia allargata con chi lavora dietro le quinte e cura le scelte sceniche che si esprimono al meglio proprio in questi luoghi, un’architettura di insieme che va messa a registro ed è preferibile farlo dove l’attenzione mediatica non è così forte. Quello del PalaUnical sarà un palco importante dal punto di vista tecnologico”.
Può darci qualche anticipazione?
“Il palco è stato allestito in alcuni capannoni della provincia di Mantova, dall’azienda Electra Service di Viadana. Sui nostri canali social abbiamo spiegato con dovizia di particolari le tecniche che sono state utilizzate. Sarà un palco meccanizzato diviso in cinque sezioni capaci di alzarsi fino a sei metri. Per testare la struttura e la nostra capacità di gestirla ci hanno dotati di oculus (visori per la realtà virtuale, ndr). Un anno fa, mentre noi iniziavamo a scrivere i testi delle nuove canzoni, i tecnici si mettevano al lavoro”.
Al PalaUnical, il live sarà anticipato da uno speciale soundcheck aperto, “Baci, abbracci e decollo kabuki”, destinato a tutti i possessori del biglietto del concerto. Di cosa si tratta?
“Abbiamo immaginato una sorta di countdown, un momento più intimo nel quale si vedrà la struttura a nudo, si assisterà alle ultime prove e si faranno foto di gruppo. Un ambiente fatto per l’attesa, di luci e di suoni. Poi ci sarà il varo della nuova tournée, si parte per un nuovo viaggio. Avevamo pensato alla rottura di una bottiglia ma poi abbiamo optato per il soundcheck aperto”.
Qual è il segreto di quasi trent’anni di carriera?
“Ci abbiamo riflettuto. Il mondo è cambiato e continua a cambiare vertiginosamente. Grazie al percorso fatto e alla maturazione raggiunta ci siamo trovati nella condizione di poter decidere di affrontare carriere singole. Però abbiamo scelto il gruppo, è qui che risiede il vero rituale del concerto. Abbiamo attraversato tutte le fasi delle relazioni all’interno di una band ma quando saliamo sul palco diventiamo un organismo che portare avanti la nostra storia, una dimensione che nessuno di noi sarebbe in grado di rispristinare con altri o da soli”.
Come sono cambiati i concerti in questi tre decenni?
“Il concerto è sempre un’esperienza con le sue dinamiche umane. Sono cambiati i costi ma nonostante questo il prezzo dei nostri biglietti non è paragonabile a qualsiasi altro spettacolo del genere. La musica ha smesso di essere un mix di concerti e album, il sostentamento economico è pesato sul live. È tutto più quantitativo e numerico. Se non ci sono dei numeri di base la musica non interessa, è al disotto della soglia di interesse per tutti. Non c’è più spazio per i geni incompresi. Fa più effetto il numero di streaming di un articolo sul giornale, abbiamo perso la critica musicale. Il mondo cambia e ci confrontiamo con una generazione diversa di artisti. Per questo abbiamo deciso di puntare ancora di più sulla nostra identità, più sugli album che sulle canzoni singole da snocciolare sulle radio o da streammare con un gesto compulsivo dal cellulare. La musica non può comunque rimanere chiusa in una torre d’avorio, deve confrontarsi e distrarre. Con i nostri album cerchiamo di aprire le porte di un mondo diverso”.

Tiziana Pikler