MANTOVA L’occasione è stata offerta dal lancio dell’ultimo CD, uscito recentemente per l’etichetta ECM. Seguiamo da anni la carriera di Natascia e Raffaella Gazzana, costellata da radici italianissime e da una formazione attinta ad un distillato della migliore internazionalità. Le abbiamo attese, di ritorno da una tournée in Marocco, per un’intervista che presto si sarebbe inoltrata ben oltre il pretesto dell’incontro. Ne è infatti nata una chiacchierata a tutto campo nella quale le interpreti si sono raccontate con immediata spontaneità ed hanno deciso di condividere con noi il retrobottega del loro percorso umano e artistico.
Dopo un’investigazione volta soprattutto alla musica francese, peraltro con consensi unanimi da parte della stampa e della critica internazionale, il vostro ultimo lavoro discografico sembra rivolgersi al cuore dell’Europa nordica, disegnando un percorso ad arabesco tra Norvegia, Germania ed Estonia.
Nel nostro quarto CD per ECM Records la nostra attenzione in effetti si è rivolta verso il nord Europa. Abbiamo voluto accostare a due capolavori già noti agli appassionati di musica, la Sonata Op. 105 di Schumann e la Sonata Op.45 di Grieg, composizioni di Tõnu Kõrvitsche hanno visto la luce solo da qualche anno (2014 e 2017). La copertina del CD, lavoro del fotografo italiano Luciano Rossetti, evoca bene l’atmosfera di questo album, pervaso da sonorità nordiche e volto allo stesso tempo all’introspezione.
Sul leggio, due capisaldi della letteratura romantica e tardoromantica come la Sonata op.105 di Schumann e la Sonata op.45 di Grieg. In un certo senso, per ragioni diverse, due punti di svolta, umani ed artistici. Qual è stato l’approccio, l’angolazione con cui avete costruito le rispettive letture interpretative?
Le Sonate di Schumann e Grieg sono presenti da molto tempo nel nostro repertorio. Si tratta di due capolavori assoluti che meritano studio continuo e continua rilettura. In particolar modo durante la pandemia, mentre ci preparavamo alla registrazione (già rimandata più volte a causa delle difficoltà inerenti al periodo), ci siamo avvicinate molto a Schumann. Abbiamo studiato la Sonata Op. 121 e cercato di penetrare lo spirito del compositore quanto più possibile attraverso l’ascolto di tutta la sua opera.
Nel 1854 le condizioni di salute mentale di Schumann andavano deteriorandosi, eppure nonostante i disturbi e in uno stato di completa reclusione, internato presso il manicomio di Endenich, è riuscito a produrre dei capolavori senza tempo.
In essi la componente di follia è certamente presente, ma il controllo e lo studio di Bach che lo ha appassionarono negli ultimi anni, rendono la sua musica così solida, classica, che abbiamo cercato con tutti i mezzi a nostra disposizione di rendere la sua grandezza.
La Sonata di Grieg, la Sonata Op 45 ci ha sempre molto appassionato assieme alle altre due scritte dall’autore per violino e pianoforte, per freschezza e capacità inventiva. Tuttavia abbiamo voluto proporre una nuova versione dell’Op 45, fedele al manoscritto. Per anni abbiamo suonato, come tutti, l’unica edizione a disposizione, quella della Peters. Poi però, facendo uno studio più approfondito, abbiamo consultato il manoscritto e scoperto che ci sono molte differenze sia nelle note, che nella dinamica. Abbiamo quindi pensato di registrarla in questa forma, il più possibile vicina alle intenzioni del compositore.
Nel libretto del CD sono riportate alcune foto del manoscritto.
E a cucire i lembi di questo percorso d’ascolto, la voce emergente di Tõnu Kõrvits, compositore estone che ha dedicato a voi le due opere qui presenti. Com’è nata questa collaborazione?
È nostra consuetudine, nei nostri recital, accostare sempre opere di compositori contemporanei a lavori che appartengono già alla tradizione. La collaborazione con Tõnu Kõrvits è nata dopo un incontro con il compositore a Berlino. Poco tempo dopo abbiamo ricevuto per posta i Notturni a noi dedicati e una bellissima cartolina della città storica di Tallinn. Ne siamo state felicemente sorprese.
Come ci si sente nel ruolo di prime depositarie del pensiero di una personalità vivente della musica?
È una profonda emozione iniziare a studiare la musica di un compositore quando il manoscritto non è stato ancora dato alle stampe. Ci è capitato anche con altri compositori che ci hanno dedicato dei lavori: Valentin Silvestrov, Bruno Canino…Affrontiamo questa situazione di solito con grande senso di responsabilità, subissando di domande i compositori per cercare di capire a fondo anche quello che non è indicato nello spartito e poi ci abbandoniamo alla nostra interpretazione. Certamente l’approccio è notevolmente più fresco e spontaneo rispetto ad opere già ascoltate e legate spesso ad una tradizione interpretativa
Qual è il filo che lega le pagine presenti in questo percorso di ascolto?
Sicuramente l’interesse, come detto prima, nell’esplorare l’area nordica
Ci sono, a vostro avviso, punti di congiunzione tra i mondi di Schumann e Grieg e quello di Kõrvits?
In tempi diversi questi tre compositori hanno espresso l’armonia e le disarmonie del proprio tempo. Si tratta di una caratteristica comune agli artisti che meritano uno spazio nel tempo, per sempre.
Se doveste introdurre all’ascoltatore il temperamento creativo di Kõrvits, la sua cifra, quali caratteristiche mettereste in luce?
Si è parlato di realismo magico per rendere lo stile della musica di Kõrvits. C’è un senso di distacco, ma allo stesso tempo di partecipazione e di vicinanza alla natura nella sua musica. Quasi un’atmosfera ipnotica.
I Notturni del 2014 sono delle miniature dove questa vicinanza alla natura si fa forse più intensa; nella Stalker Suite l’atmosfera è pervasa dal mistero e dall’identificazione con quattro momenti del celebre capolavoro Stalker del ’79 di Andrej Tarkovskij. Il film fu girato a Tallinn, patria di Kõrvits.
Questo 2022 è stato l’anno della ripartenza dopo durissimi mesi di pandemia. Pensate che questo periodo di silenzio abbia cambiato il modo con cui vi approcciate alla musica?
Nel 2022 abbiamo finalmente ripreso a dare concerti, dopo apparizioni sporadiche nei momenti in cui era possibile esibirsi. È stato un periodo molto difficile, ma il silenzio e la sofferenza del mondo ci hanno dato una capacità maggiore di trovare la concentrazione e l’energia per ripartire e soprattutto la voglia di ritrovare il contatto umano con il pubblico.
E, da interpreti abituate ai palchi di tutto il mondo, avete riscontrato una mutazione nel pubblico, nel suo modo di accostarsi all’ascolto e alla fruizione?
Il mondo ha sempre più bisogno di pace, di armonia. Le arti hanno spesso indicato in anticipo il percorso per riconquistarle quando si smarriscono.
Suonare in duo con la propria sorella è più semplice o più complesso rispetto al condividere la musica con un semplice collega?
Nel nostro caso è più semplice. Abbiamo condiviso moltissime esperienze musicali ed extra-musicali sin dall’infanzia. Abbiamo avuto un percorso di formazione molto simile. Quando suoniamo non abbiamo bisogno di parlare molto. Spesso ci capiamo solo da uno sguardo.
Quali sono i progetti a breve e a lungo termine del duo Gazzana?
Continuare a studiare a a scoprire nuove opere in primis. Poi ci attendono concerti, per lo più all’estero. Ci auguriamo che l’anno che verrà ci porti a suonare più spesso anche in Italia!
Elide Bergamaschi