Il mantovano Coen con Primo Levi sul treno per Auschwitz

L’uomo e la sua famiglia vennero portati nel campo da lavoro con un convoglio merci

Marcello Coen
Marcello Coen

MANTOVA/ERBÈ Una storia riaffiorata in tutta la sua drammaticità, che lega indissolubilmente il Comune veronese di Erbè e quelli di Mantova e di Villimpenta. Protagonista è la figura di  Marcello Coen , ebreo deportato ad Auschwitz con tutta la sua famiglia durante la seconda guerra mondiale. È stato possibile ricostruirla grazie al certosino lavoro svolto dalla villimpentese  Daria Mantovani , ex insegnante di scuola media, e  Mariella Piccinato , ufficiale di stato civile del Comune di Erbè. La loro ricerca è riportata nel libretto “Da Erbè ad Auschwitz, per non dimenticare”. «Essendo trascorsi i 70 anni richiesti per la consultazione dei dati riservati, si sono potuti ritrovare lettere e atti della Questura e della Prefettura di Verona e di Mantova, che raccolgono le attività investigative a carico dei cittadini ebraici negli anni bui dal 1938 al 1945», racconta Daria Mantovani. «Con la documentazione reperita presso l’Archivio di Stato di Verona siamo riuscite a ricostruire la vicenda della famiglia Coen». Marcello Coen, mantovano nato al civico 2 di via Dottrina Cristiana nel 1886, giunse a Erbè nell’autunno del 1937 provenendo da Villimpenta. Fu lì che decise di stabilirsi insieme alla moglie  Ines Levi  e ai due figli ( Giuseppe , nato nella casa di via Trieste a Mantova, e  Miriam , nata due anni dopo ma prematuramente scomparsa all’età di 17 anni). La laurea – ma probabilmente ancor di più la Croce di guerra ottenuta per sua partecipazione alla campagna d’Africa nel primo conflitto bellico (essendo ebreo non avrebbe potuto esercitare la professione a causa delle leggi razziali) – gli permisero di aprire una farmacia con annesso laboratorio chimico-galenico in via Umberto I, dove arrivavano da tutta la zona per i medicinali e le “polverine” antiepilettiche. Ma i meriti militari, che gli consentirono di presentare domanda di «discriminazione», non lo misero al riparo dalla cattura mentre si trovava da alcuni parenti a Modena. Coen e i suoi cari vennero condotti nel campo di concentramento di Fossoli. Fra gli internati arrivò anche lo scrittore Primo Levi, che anni più tardi narrò le vicende di quel tragico periodo nel libro “Se questo è un uomo”. «Sul convoglio ferroviario numero 8 diretto ad Auschwitz – svela Mantovani – c’era sia Levi, sia Coen con la sua famiglia. Ma là, purtroppo, il loro destino si divise: Marcello e la moglie Ines furono portati direttamente nelle camere a gas, mentre il figlio Giuseppe e Levi vennero mandati ai lavori forzati (i due condivisero la stessa baracca, ndr)». Al temine della seconda guerra mondiale, i fratelli di Marcello, Amadio ed Emma, cercarono notizie per ogni dove, ma, purtroppo, senza esito positivo. Le ricerche di Daria Mantovani e Mariella Piccinato hanno contribuito a recuperare i tasselli mancanti della vicenda che coinvolse la famiglia Coen, la cui tomba si trova nel cimitero ebraico di Mantova. A loro la biblioteca comunale di Erbè, il circolo culturale “Il Tricolore”, le associazioni degli Alpini e dei Fanti e il Comune hanno voluto dedicare una targa, sistemata esattamente dove un tempo si trovava la farmacia dei Coen.

Matteo Vincenzi

targa