Siamo tutti veneziani

MANTOVA Sono i giorni in cui siamo tutti veneziani. Oltre gli scontri, oltre le polemiche, oltre le divisioni. Sono i giorni in cui tutti dobbiamo sentirci parte di una cordata per salvare un pezzo inestimabile del nostro patrimonio, forse il più conosciuto al mondo con Firenze e anche salvare noi stessi, le nostre coscienze.

Lasciamo ai tecnici e ai responsabili di vario livello amministrativo le analisi e le scelte più efficaci per integrare o rimediare a decenni di errori, ritardi, insipienza, e mazzette.

Noi umani non possiamo tirarci indietro dalla cordata umana di solidarietà e impegno per un grande obiettivo di salute e salvezza ambientale che riguarda Venezia oggi -in queste settimane- perché l’acqua alta che una volta era quasi solo pittoresca adesso è diventata una calamità. Siamo (stati) a un soffio dall’apocalisse, hanno detto i veneziani. Serve un progetto nazionale e internazionale di salvezza ambientale che riguarda e deve riguardare anche Matera e Policoro, il litorale di Jesolo e di Caorle come la città di Chioggia, le rive di Trieste, Grado e Muggia, domani altri litorali che adesso non fanno notizia.

Perché le calamità naturali che una volta erano solo naturali e meno cattive adesso sono diventate calamità meno naturali e più cattive, più distruttive più brutte. Perché dicono molti esperti la mano dell’uomo ha peggiorato quell’equilibrio che per decenni e secoli si era salvaguardato con strumenti forse più elementari ma più incisivi.

Lo dicono a proposito dell’equilibrio tra mare e laguna a Venezia che è stato in piedi per secoli dai tempi dei Dogi e adesso in 40 anni tutto si è acuito, aggravato perché sono stati fatti scavi , perché sono entrate le grandi navi nel bacino perché si è interrotto l’equilibrio storico mare sale laguna città. I dogi ricorsero all’affondamento di due Galee per fare una specie di barriera adatta ai tempi, oggi invece di fare barriere abbiamo pare dissestato il fondo. Mica male. Trent’anni fa per una trasmissione tv ero andato a fare una inchiesta sullo spopolamento di Venezia centro storico: già nel 1990 si lanciava l’allarme sul futuro della città.

Sarebbe ora di mettere sul tavolo le soluzioni tecniche e tecnologhe più moderne e superare questa fase di stallo nei lavori nei quali la cosiddetta natura con cambiamento climatico si è innestata con conseguenze inimmaginabili solo qualche mese anno fa.

Lo immaginate cosa si può provare quando l’acqua ti entra in casa, in negozio, nel ristorante, in basilica ai livelli che non immaginavi e per i quali non sei, non eri, e non puoi essere preparato?! Un trauma, un blocco di attività e di vita, il senso di non poter difendersi da calamità che pensavamo lontane, impossibili.

Traumi pari o forse più pesanti di quelli di un terremoto, dicono a Venezia. L’acqua alta di Venezia è passata in una notte a dirci che siamo transitati climaticamente dal folclore e dal pittoresco al dramma e all’emergenza. Prendiamone atto con sincerità e consapevolezza e operiamo di conseguenza facendo mettere insieme cervelli e volontà, piani e comitati per salvare con Venezia, l’Italia che frana e che sprofonda, i pezzi di Paese che si staccano e che si allagano, per mettere al sicuro la nostra storia e la nostra civiltà. Mose nuovo o anelli vecchi, dighe più moderne o sistemi di innalzamento tutto può essere contemplato a patto che si faccia bene e presto. Facciamo in modo che con Basilica e mosaici, colonne e campielli si possa mettere al riparo un’intera città simbolo e il suo contesto inimitabile, e quei pezzi di Paese che ne hanno bisogno. Il tempo stringe e l’acqua ritorna.