Tentò di uccidere la moglie, 9 anni e 5 mesi ad un 49enne

MANTOVA Nove anni e cinque mesi di reclusione. Questa la pena comminata con rito abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Beatrice Bergamasco a carico del 49enne albanese di Polesine di Pegongaga (omettiamo di fornire le generalità a tutela dei figli minori della coppia), finito alla sbarra per il tentato assassinio dell’ex moglie, una connazionale 38enne residente a Gonzaga. I fatti a lui contestati si erano consumati il 26 marzo scorso in via Giordano Bruno a Suzzara. Nella fattispecie l’uomo aveva colpito la consorte con ventidue coltellate, una della quali sferrata all’altezza del collo e quindi, di per sè, potenzialmente mortale. Per quella tragedia, per fortuna solo sfiorata, era stato rinviato a giudizio con le accuse di tentato omicidio pluriaggravato, minacce e porto abusivo di armi.
La lite tra i due era scoppiata attorno alle 15.30: la donna aveva appena posteggiato la propria Volkswagen Tiguan nel parcheggio davanti la sede della Cgil quando all’improvviso era spuntato il marito. Stando alla tesi degli inquirenti il 49enne avrebbe pedinato la donna mentre questa si stava recando al sindacato per inoltrare richiesta degli assegni familiari per il mantenimento dei figli. E sarebbe stata proprio la questione economica il motivo scatenante la furia cieca dell’uomo che, sempre secondo la pubblica accusa, non si sarebbe rassegnato alla fine del loro matrimonio. Per la difesa invece si sarebbe trattato di un gesto d’impeto. Dopo aver discusso animatamente per qualche istante lui l’aveva presa a calci e pugni per poi, una volta sbattuta a terra, estrarre di tasca un coltellaccio da macellaio e quindi iniziare a vibrare al suo indirizzo poderosi fendenti: la vittima era stata attinta al viso, al collo, al torace e al braccio, nonostante il disperato tentativo di difendersi; le urla della 37enne non avevano mancato di richiamare l’attenzione di alcuni impiegati della Cgil e, in particolare, di Enrico Donà, titolare di una vicina palestra, il quale intervenendo immediatamente era riuscito a far allontanare l’uomo dal proprio obiettivo. A quel punto l’accoltellatore, dopo un breve tentativo di fuga durante il quale aveva minacciato di morte i presenti con la stessa arma bianca, aveva anche cercato di togliersi la vita prima di venire bloccato e ammanettato dai carabinieri. La scorsa settimana, durante la prima seduta, il pubblico ministero Paola Reggiani aveva chiesto nei suoi confronti in fase di requisitoria quattordici anni di carcere.
Ieri mattina l’atto conclusivo: nell’emettere il dispositivo di condanna, considerata la riduzione per il rito alternativo scelto, il gup haritenuto fondata la doppia aggravante, ovvero quella della premeditazione e del rapporto di coniugio, nonostante la separazione legale già intercorsa tra i due al momento della consumazione del fatto. Per quanto attiene invece il risarcimento del danno, il togato ha rimesso alla sede civile la sua quantificazione e concedendo, a fronte della richiesta risarcitoria di 375mila euro avanzata dalla parte civile, una provvisionale di 10mila euro. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Luca Faccin ha già manifestato l’intenzione di far ricorso in appello avverso tale sentenza per quanto concerne sia la contestazione della premeditazione che in ordine alla quantificazione della pena.