Nucleare: un discorso da riaprire?

Ing. Guido Franzoni

In un contesto nel quale le fonti rinnovabili sembrano essere l’unica soluzione efficace al problema energetico, non lascia certo indifferenti la scelta dell’Accademia Nazionale Virgiliana di affrontare il tema dell’energia nucleare.
Venerdì pomeriggio alle 17 nella sala Ovale di via Accademia il prof. Ledo Stefanini, accademico virgiliano, e Guido Franzoni, ingegnere con esperienze presso l’ENEA di Frascati e il centro francese di Cadarache, proporranno infatti una conversazione dal provocatorio titolo “Nucleare: discorso chiuso?”.
A più di trent’anni dal blocco della produzione nucleare nel nostro Paese, i relatori illustreranno il ruolo dell’energia dell’atomo nel mondo, le ragioni per le quali questa opzione è tuttora considerata valida e le conseguenze della nostra decisione di rinunciarvi.
Tutte questioni rilevanti che, come ci spiega lo stesso Franzoni, non riguardano solo il nostro passato, bensì il presente e il futuro del Paese.

Ingegnere, perché interrogarsi ancora oggi su una tecnologia costosa, obsoleta e destinata a un rapido declino?
In realtà le cose non stanno così: la ricerca nel settore è molto attiva e diversi Paesi, specialmente nell’area asiatica, hanno avviato imponenti programmi per la realizzazione di nuovi impianti. Attualmente sono in costruzione nel mondo una cinquantina di nuove centrali e altrettanti sono stati già annunciati. Consideriamo che oggi il 10% della produzione di energia elettrica mondiale viene dal nucleare.

Nel bene o nel male, per quale motivo l’Italia ha abbandonato il “treno dell’atomo”?
Negli anni ‘70 la crisi energetica diffuse la consapevolezza che le prospettive di sviluppo del Paese erano determinate dalla disponibilità di energia a basso prezzo. Tra le conseguenze politiche vi fu la redazione del primo “Piano energetico nazionale”, che prevedeva la costruzione di almeno 20 centrali nucleari per soddisfare il fabbisogno italiano. Tuttavia i referendum sul nucleare del 1987 e del 2011, indetti a distanza di poco tempo dai due più gravi incidenti nucleari della storia recente – Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011 – hanno definitivamente sancito l’uscita dell’Italia dal nucleare.

Allora perché mai dovremmo tornare a dover gestire questo problema? Come la mettiamo con le scorie e la sostenibilità ambientale?
L’Italia, ex potenza nucleare, non ha mai fatto i conti fino in fondo con il proprio passato e neppure con il proprio futuro energetico. La sospensione negli anni ‘80 di ogni attività non ha comportato la risoluzione dei problemi che si sono creati. Tra questi, la più drammatica e urgente è certamente la gestione dei rifiuti radioattivi prodotti in passato e ancora stoccati in modo provvisorio, a cui si aggiungono quelli derivanti ogni giorno da molteplici attività. Persino un Paese come l’Italia, nonostante gli ingenti investimenti a sostegno dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, continuerà ancora a lungo a dipendere in modo significativo dal nucleare per garantire il proprio fabbisogno di elettricità.