MANTOVA Se ci fosse un qualche tipo di premio, magari un riconoscimento, per l’ospite più longevo del Festivaletteratura, lui sicuramente sarebbe nel terzetto dei finalisti ed avrebbe pure ampie probabilità di vittoria. Di chi stiamo parlando? Ma di Beppe Severgnini, naturalmente. Diciottesima partecipazione su ventiquattro edizioni: qui urge la maglietta blu ad honorem. L’unica differenza rispetto agli altri anni è, però, una pesante assenza, ricordata con un grande applauso ad inizio di incontro; che si tratti di Luca Nicolini, non c’è neanche bisogno di sottolinearlo. Ma veniamo al tema centrale della serata: l’Italia e gli italiani. Un argomento di cui Severgnini ha scritto e detto tanto ma che, in un certo senso, ha avuto un effetto di positivo patriottismo e piacevole amor proprio nella serata di piazza Castello. «Sono cambiato io, è cambiato il mondo e quindi sono cambiati anche gli italiani. È impossibile che una nazione non cambi. Gli italiani che descrissi nel 2005 sono diametralmente diversi rispetto a quelli di adesso». Non fosse altro che per aver dovuto fare i conti con una crisi economica globale e una pandemia; se ci mettiamo pure la non partecipazione agli ultimi Mondiali siamo a livelli di piaghe d’Egitto. Eppure, nel nuovo ritratto nazionale tracciato da Severgnini nel suo ultimo libro, “Neoitaliani”, c’è una forte positività: «Perchè noi italiani sorridiamo, nonostante tutto». La radiografia dell’Italia che Severgnini fa, o meglio, rifà inquadra un paese strepitoso nonostante tutti i difetti che gli si possono imputare, come l’elevare il lamento a forma d’arte. Insomma siamo un Paese bello dentro. E non manca una stoccata anche ai movimenti di recente nascita dei No Mask e dei Gilet Arancioni: «È colpa di noi giornalisti che diamo loro spazio, facendoli diventare notizia. L’Italia e gli italiani sono molto meglio di così». Svolta sovranista di Severgnini? Macchè, solo puro buon senso. (fede)