Molte attività sono spinte fuori mercato

MANTOVA Non accettiamo l’ottimismo del governo quando dice che ci sarà una “crescita da miracolo economico “, neppure vogliamo aderire alle previsioni eccessivamente pessimistiche della Confindustria che per l’anno in corso parla di Pil uguale a zero. Forse i dati che vanno più vicini alla realtà sono quelli che ci vengono dalla Banca d’Italia (Pil dello O,5 – 0,6) che sono condivisi dai maggiori osservatori internazionali. Sempre che, ovviamente, nella seconda parte dell’anno, si riesca ad invertire il trend ed uscire da quella recessione tecnica che ha chiuso gli ultimi due trimestri del 2018. Da aprile saranno attivi i due provvedimenti bandiera dell’attuale governo, uno a testa dei due soci di maggioranza: “ Quota 100 “ per il ministro degli interni Matteo Salvini (Lega) e il “ Reddito di cittadinanza “ per il ministro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio (Movimento 5 Stelle). Quota 100 muoverà poco il mercato, gli aventi diritto alla pensione, per avere un’età di 62 anni e maturati 38 anni di contributi, poco aggiungeranno all’economia rispetto a oggi, dato che passeranno dal prendere lo stipendio dall’attuale loro datore di lavoro alla pensione pagata dallo Stato. Ma se non ci sarà un equivalente assunzione di giovani sarà lo Stato a rimetterci, dato che rispetto ad oggi dovrà pagare le pensioni e non incassare i contribuiti. In quanto al Reddito di cittadinanza lo Stato erogherà (a debito) quattro – cinque miliardi di euro che, supposto siano tutti spesi, non saranno certo in grado di far schizzare alle stelle il Pil come pensa il ministro grillino. La realtà invece che ci ha colpito e su cui il governo dovrebbe meditare, è il numero delle botteghe che hanno chiuso, posti di lavoro persi e impossibile il loro recupero. I dati della Cgia di Mestre sono tragici: in dieci anni l’Italia ha perso 165 mila botteghe. Fra tasse, burocrazia e ritardi nei pagamenti, così lo Stato ha fatto a pezzi il nostro artigianato. Sono uomo di paese medio – piccolo e il vuoto lasciato da questi dati è più facilmente verificabile e rendersi conto di ciò che hanno significato in diminuzione di servizi la chiusura di botteghe artigiane, di negozi, di attività lavorative in genere. Voglio “ passeggiare “ oggi con i lettori in via Garibaldi, la più centrale delle vie di Solferino (2.600 abitanti), una lunghezza di circa cinquecento metri, dieci anni fa ricca di botteghe e negozi, oggi ospita solo il parrucchiere unisex. La memoria entra in funzione e fa sapere che le cose sono andate così. Partiamo dall’uscita di piazza del Municipio e saliamo verso destra, c’erano: il macellaio; il falegname; il sarto; la forneria; l’auto rimessa per macchine a noleggio con autista e trasporto passeggeri tipo taxi; l’emporio: biancheria intima uomo, donna, bambino, camice, passamaneria, bottoni, refe ed aghi ( il sindaco del 1946 aveva affidato a questo negozio pure la distribuzione dei vestiti UNRA, che erano l’aiuto degli americani agli italiani in “ braghe di tela “), frutta e verdura e scatolette di qualche tipo di alimento; la salumeria; poi il calzolaio; quindi il meccanico di biciclette; il lattaio; siamo in fondo alla via. Scendiamo mantenendo la sinistra, il primo incontro era fatto con l’officina di riparazione di macchine agricole; poi l’auto trasporto; quindi il negozio di elettrodomestici; la pasticceria; l’ufficio del mediatore; il parrucchiere, c’è ancora; il negozio dei vestiti di uomo e bambino; la vendita di concimi agricoli; l’Ufficio della Coltivatori Diretti e stiamo per entrare nuovamente nella piazza del Municipio. Sono rimasti in Solferino i fornai, un mini market, la salumeria e la vendita di carne e cibi precotti e poco altro. Voglio dire, se si ha bisogno, che so, della passamaneria o di una camicia per uomo, o del meccanico di biciclette, oggi utilissimo anche con l’aggiunta di quelle elettriche, o del meccanico d’auto, udite! del rifornimento di benzina o gasolio dell’auto, del calzolaio, il paese più vicino è Castiglione delle Stiviere. Ora nell’era dell’elettronica e dei telefonini tutto fare, tranne che saper riparare le scarpe, qualcuno potrebbe dire: ecco la solita nostalgia del passato che tocca l’anziano abituato a lamentarsi del presente perché riconosce valido solo ieri. Non è solo questo. E’ paggio. E’ il sospetto che quello che scompare non sia il passato ma il futuro. Gli artigiani e i piccoli commercianti purtroppo sono specie in via di estinzione, erano considerati la spina dorsale dell’economia italiana. Ma perché chiudono? La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività, senza contare l’avvento delle nuove tecnologie.
GASTONE SAVIO