MANTOVA Centodiciannove presenze per oltre 9mila minuti di gioco in tre anni e mezzo di militanza, dal 2014 al 2018. Sono i numeri di Silvano Raggio Garibaldi col Mantova. Un’esperienza intensa, una maglia amata che ancora oggi non lascia indifferente il centrocampista ligure. Oggi Raggio Garibaldi è uno dei baluardi del Seregno, che proprio del Mantova sarà avversario domenica in terra brianzola.
Non è una partita come le altre, vero Silvano?
«No, che non lo è. Io a Mantova ho trascorso anni stupendi ed ho conosciuto amici meravigliosi con i quali sono rimasto in contatto».
Li hai sentiti in questi giorni?
«Sì, ma non è gente legata al calcio. Quindi non abbiamo parlato della partita di domenica».
Torni spesso a Mantova?
«Prima del Covid sì. Dopo non ho più avuto occasione. Ma lo farò al più presto».
Quale delle tue stagioni in biancorosso ti è rimasta più nel cuore?
«La prima, con Juric. Ci siamo divertiti tanto e si era formato un gruppo bellissimo. Però anche le altre mi hanno lasciato piacevoli ricordi».
Per esempio?
«Nel 2015-16 siamo stati bravi a ricompattarci e ad ottenere una salvezza ai play out che non era scontata. L’anno dopo è arrivata un’altra meritatissima salvezza, purtroppo inutile perchè poi la società è fallita. Ed anche la stagione in D è stata positiva, perchè ho conosciuto ragazzi davvero in gamba».
Anni intensi, ma contraddistinti da parecchi problemi societari…
«Ecco, quello è il mio unico rammarico: non aver goduto della stabilità societaria che solo ora il Mantova possiede. Sono contento che, dopo anni tribolati, l’Acm abbia raggiunto questa condizione».
Tu hai già affrontato il Mantova da ex, e non in una partita qualsiasi…
«Già, due anni fa. Giocavo nel Como e in palio c’era la promozione in C. Ho cercato di isolarmi il più possibile, ma non fu semplice. Vincemmo noi, ma sono felice che anche il Mantova l’anno dopo sia tornato tra i professionisti».
E veniamo alla gara di domenica: quanto c’è di quel Como nel Seregno di oggi?
«Oltre a me e Ninni Corda, ci sono Anelli, Borghese e Gentile».
C’è anche lo stesso spirito battagliero?
«Siamo un gruppo compatto, dove gli elementi più esperti cercano di dare l’esempio col lavoro. Puntiamo alla salvezza ma, come tutte le squadre, non abbiamo ancora un’identità definita. Per questo penso sia inutile guardare adesso la classifica. È troppo presto».
Resta il fatto che venite da un pesantissimo 1-1 in casa del Padova…
«Vero. Ma quel pari diventa pesante se lo fai fruttare nella partita successiva. Solo così acquista valore».
Il Mantova si aspetta una battaglia. Sarà così?
«La C è così, l’aspetto agonistico è molto importante. Il fatto è che, quando affronti il Mantova, non te la vedi solo con la squadra».
Cosa intendi?
«Mantova è una grande piazza: c’è il blasone della società, la sua storia. E poi i tanti tifosi al seguito. È un insieme potente, che ti obbliga a dare qualcosa in più per fare risultato».
Pensi che la sconfitta con la Juve influirà? E in che modo?
«Non lo so, anche perchè non abbiamo ancora visionato quella partita. So solo che il Mantova ha una rosa di ottimi giocatori. E questo dovrebbe bastarci per tenere alta la guardia».
Chi saluterai per primo domenica?
«Tra i giocatori non è rimasto nessuno dei miei tempi. Ma sarà un piacere abbracciare il dottor Ballardini e il fisioterapista Croci, due persone fantastiche che mi hanno aiutato tanto».
Vuoi lanciarti in un pronostico?
«Mai! Il campo è sovrano, decide lui. E quel che decide va accettato».