Commercio, centro desertificato ma non per le grandi firme

MANTOVA Il centro si spopola e le saracinesche si abbassano. Questo è ormai il ritornello trito e ritrito che accompagna la storia del commercio nel capoluogo da diversi decenni, ma talvolta diventa necessario mettere gli opportuni “asterischi” di chiarimento, perché non solo le eccezioni andrebbero annoverate contro il disfattismo, ma anche alcune analisi a stimolo di studiare strategie per l’avvenire.
L’annuncio straordinario (nel senso che esce dall’ordinario) è pubblico e visibile a tutti: lo store Bernardelli di corso Umberto I, con ingresso nello stabile dell’ex Circolo Cittadino, aprirà a settembre un nuovo negozio nell’attiguo atrio dove un tempo aveva attività la premiata ditta di fotografia di Giancarlo Giovetti. E non si tratta di un investimento isolato, visto che il titolare Stefano Gozzoli sulla città sta investendo quanto pochi altri.
Parlino i numeri: in città Gozzoli ha già aperto 6 negozi, e uno nella vicina Carpi. Certo, la sua tipologia merceologica è molto elitaria, partendo dal capofila Armani. Ma questo dato è significativo. Altrettanto significativa la delocalizzazione del “Paciugo” (Kids+Women) di Benedetta Ferrazzi, che da via Calvi (strada centrale, ma obiettivamente esclusa dal grande passeggio nel cuore del centro storico) dà annuncio di trasferirsi in via Grazioli – con l’addenda di attivare in tempi abbastanza brevi anche la rete e-commerce.
Sono solo due esempi, s’intende, che potrebbero essere ribaltati da imminenti chiusure (una, per dire, è annunciata sulle vetrine di un negozio di scarpe nella stessa via Calvi), ma comunque significative di una tendenza che prende piede: valorizzare la qualità.
Chi scommette sulla qualità ha buone probabilità di risultare vincente. L’ordinario risulta per l’opposto più vulnerabile alle difficoltà dei tempi. Vale per le tipologie commerciali offerte nei negozi del centro, ma vale anche, traslatando il ragionamento, per gli immobili. Un noto immobiliarista ci contesta alcuni titoli che denunciano un ribasso delle contrattazioni: non c’è la crisi del mattone, dice, ma solo del mattone “scadente”.