MANTOVA Era stata assunta da solo una settimana ma quella tanto agognata nuova avventura lavorativa si era però ben presto rivelata diametralmente opposta a come se l’era in realtà immaginata. A far piombare una giovane operaia in un vero e proprio incubo ci aveva infatti pensato a stretto giro direttamente il suo datore di lavoro, non a fronte di richiami e rimproveri vari ma tramite morbose attenzioni di natura sessuale. Nei guai circa l’accusa di violenza sessuale era così finito nel 2020 un imprenditore cinquantenne di Motteggiana. Nello specifico i fatti a lui ascritti risalivano al 7 dicembre di quello stesso anno quando l’uomo, stando al capo d’imputazione, dopo aver messo gli occhi su quella sua nuova dipendente aveva quindi preso d’impeto ad importunarla e a molestarla. In detta occasione infatti, come ricostruito poi dalle indagini, il 50enne trattenuta la persona offesa oltre l’orario di lavoro e fatta accomodare sulle proprie ginocchia adducendo le scuse più disparate, aveva quindi iniziato a massaggiarla e palpeggiarla insistentemente su schiena, seno, collo e gambe. Un “trattamento speciale” non certo gradito dalla ragazza la quale, scioccata difronte a un simile comportamento, dopo essersi divincolata e datasela a gambe levate era così subito corsa a sporgere denuncia a carabinieri, prima di licenziarsi due giorni dopo. Ieri davanti al giudice per l’udienza preliminare Arianna Busato l’epilogo processuale della vicenda con la condanna dell’imputato in abbreviato a due anni e otto mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena.