Festivaletteratura – Gigerenzer e l’intelligenza artificiale

MANTOVA La correlazione tra il consumo di dolci e l’assegnazione del premio Nobel di un paese? La cioccolata. La Svizzera ha il consumo più alto. La cioccolata è correlata ai soldi che si spendono nella ricerca scientifica. È l’incipit di “L’intuito non è artificiale”, incontro con il neuroscienziato tedesco Gerd Gigerenzer e Marco Malvaldi. «L’esempio iniziale – spiegano – tratta delle “Correlazioni spurie”: due serie di dati che vanno a braccetto, apparentemente senza correlazioni. E in che modo l’intelligenza umana affronta il problema in maniera diversa? Dobbiamo distinguere la correlazione dalla causalità». «L’intelligenza artificiale – continua – si basa anche nella costruzione di reti neurali, ma sempre con una forma di correlazione, non di causalità. E perciò ha un alto potenziale di commettere degli errori». Il cuore del lavoro di Gigerenzer si basa sul modo in cui un essere umano ragiona rispetto ad un computer. «Ma è un ragionamento complicato – spiega l’autore – perché sembra sempre che avere più dati sia la cosa migliore. E questo vale per un’intelligenza artificiale ma non per quella umana. La mente opera meglio quando ha a disposizione una ridotta quantità di dati: estrapola la soluzione». E continua: «Noi dobbiamo imparare a vivere e controllare l’intelligenza artificiale, iniziando a capire cosa sia la tecnologia». La ricetta proposta per fare questo si basa sia sulla necessità di non lasciarsi condurre dalla pubblicità intrinseca dei siti web (senza capire prima quale sia il prodotto che vuole vendere) o anche attraverso il pagamento per l’uso dei social media. «Immaginate un bar che offre caffè gratis – spiega l’autore – pieno di telecamere che riprendono ogni interazione tra voi. Questo è quello che fanno i social media. Voi dovreste avere il diritto di pagare per i servizi che utilizzate». La riflessione si sposta anche su prodotti che vivono già dentro nelle nostre case, come le smart tv, che registrano tutto quello che accade nella stanza, per poi passarli ad altri. «Abbiamo bisogno di prevenire certi eventi, chi vive in mondi digitali deve prendersi cura di diminuire la costante sorveglianza in cui viviamo».