MANTOVA La trattativa è in corso, ma non sembrano esserci prospettive immediate di intesa fra il Comune e i condòmini di Palazzo Acerbi-Cadenazzi per risolvere il nodo intricato dell’accesso alla Torre della Gabbia. Il Comune punta a far valere l’acquisto di un appartamento per accedere al monumento; i condòmini (alcuni di essi particolarmente accaniti) fanno invece valere l’atto di rogito degli anni ’80, quello col quale il Comune entrava in possesso della torre come “bene intercluso”, inaccessibile da tutto il palazzo, fuorché eventualmente dall’ex negozietto di fotocopie di via Cavour – attualmente vuoto.
Proprio poggiando su questa scappatoia prevista dall’atto notarile, il proprietario del botteghino (circa 12 metri quadri), l’imprenditore Gianluca Bianchi, tende una mano al Comune per togliere le proverbiali castagne dal fuoco.
«Personalmente non ho nulla in contrario che l’amministrazione possa rendere visitabile la torre, ma sono realista: quel rogito stilato dal notaio Sergio Lodigiani quarant’anni fa è vincolante, e per cambiarne le condizioni servirebbero i mille millesimi del condominio. Allo stato dei fatti so che ci sono alcuni proprietari irremovibili su questo punto, e non concederanno mai il benestare, anche se non credo che quattro visitatori per volta creerebbero dei disagi al palazzo».
Dunque, rimane l’opzione originaria di accedere alla Gabbia dal negozietto sfitto? «La mia disponibilità a trattare c’è – conferma Bianchi –, anche se credo che allo stato dei fatti ci sarebbero non pochi problemi da superare, a cominciare dall’impianto di elevazione che dovrebbe essere modificato per arrivare al livello strada».
Già, dopo oltre 3 milioni di investimento complessivo, per il Comune si profila il rischio di doverne esborsare ancora, anche per ripristinare il muro perimetrale aperto dall’ente nell’appartamento acquistato come biglietteria per dare accesso al cavedio della torre. In più ci sarebbero i nuovi lavori per darvi accesso dal botteghino, e non ultimo l’acquisto del botteghino stesso, cui Bianchi non si oppone. «Lo aveva acquistato mio padre negli anni ’80 per una cifra considerevole, che mi pare di ricordare attorno ai 40 milioni di lire. Tanti allora».
E oggi quanto potrebbe valere? «Non saprei dire. Teniamo presente che si tratta di un “pezzo unico”, Se il Comune fosse interessato, si potrebbe aprire un dialogo, la mia disponibilità c’è». Nel caso comunque rimarrebbe allo stesso Comune dover giustificare le scelte compiute sinora, in aperta difformità rispetto alle prescrizioni del rogito di cessione della torre. Scelte che in Comune taluni configurano come danno erariale. Ma la quaestio è aperta.