Renzo Dall’Ara fu anche un narratore televisivo

Mantova Renzo Dall’Ara fu anche un narratore televisivo. Numerose le sue partecipazioni a programmi. Una volta nel 2000 fu ospite in una mia puntata di Linea Verde dalla Svizzera per raccontare l’arrivo di pasticcieri svizzeri a Mantova. Brillante e originale, come sempre. Renzo trovava una notizia anche laddove gli altri non la vedevano. Aveva una curiosità professionale ed umana fuori dal comune. E nel contempo aveva un rispetto e una prudenza che anticipavano le moderne norme sulla protezione dei dati personali.

Capivi che ti voleva assegnare un servizio, un articolo, di quelli che piacevano a lui, belli croccanti, da come ti fissava appena incrociava il tuo sguardo. E diventava una paginata di grande interesse.

Era ironico Renzo, uno spirito goliardico che ravvivava la più inerte delle storie. Giocava con le parole e con i soprannomi come si fa o si faceva nelle redazioni che si rispettano.

Nello stazione cronaca de giornale dove eravamo in via Fratelli Bandiera 32 c’erano varie scrivanie allineate e poi c’era il quadrilatero di coordinamento e comando vicino alla porta interna che faceva accedere alla redazione sportiva. Lì sedevano lui Renzo Dall’Ara caporedattore, accanto Luciano Spagna firma storica di politica e società, il cronista del consiglio comunale e davanti noi due i quasi più giovani Stefano Scansani da Poggio Rusco, ora direttore della Gazzetta di Reggio, e chi scrive queste poche frasi, commosso e grato.

Stefano era proprio di fronte a Renzo ed io in diagonale: quando c’era da fare un titolo bastava uno sguardo. Renzo aveva grafia larga, prendeva appunti su tutto, in maniera artistica. Poi metteva il foglio nel rullo della macchina per scrivere, e mentre, pensava l’attacco si metteva a braccia conserte per riflettere forse più intensamente.

Poi, partito con la prima riga, era un fiume in piena, quasi una telescrivente, anche l’andare a capo era velocissimo. Appena arrivato in redazione al mattino guardava subito i necrologi. Se c’era un necrologio di una suora scattava l’operazione “raccontiamo la sua storia” perché nei paesi le suore le conoscono tutti. Io e Stefano ci guardavamo negli occhi e facevamo la scommessa : a chi tocca oggi?

Era un maestro su tutto ma soprattutto sulla semplificazione giornalistica: perché usare una perifrasi se puoi usare una parola? Era capace di raccontare storie complesse con il linguaggio più semplice e più consono.

Qualche anno fa per una conferenza sulla cucina ci incontrammo a Suzzara al cinema Politeama. Dopo il pranzo nella sala ristorante della Scuola Arti e Mestieri lo riaccompagnai a casa a Mantova in via Curtatone Montanara. Durante il viaggio parlammo un po’ di tutto: del mestiere cambiato, dei computer, dei giornali che chiudono, dei giornalisti vecchi e giovani e della moglie morta qualche anno prima. Renzo si commosse. Gli scappò qualche lacrima. Mi commossi anch’io. Fu l’ultima volta in cui lo vidi mentre entrava nella sua casa mantovana. Ciao Renzo, grazie di tutto, gli dissi. E lui “At cosa, gracie a ti”.
Fabrizio Binacchi